Posts Tagged ‘politica italiana’

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Il tallone di Achille di FI: divisi si perde

aprile 18, 2015

di Azzurra Noemi Barbuto

Qualcuno parla di inesorabile declino e di estinzione, qualcun’altro di ripresa. Ciò che è certo è che sono finiti i tempi d’oro di un partito che, sotto il suo leader, è riuscito a creare unità, ad affermarsi dal nulla sulla scena politica degli ultimi vent’anni e a essere protagonista indiscusso della politica italiana, dominata da decenni da altri personaggi e movimenti. 

Per capire i motivi che hanno comportato la perdita di parte del consenso bisogna comprendere le ragioni che ne hanno segnato lo straordinario successo, che è stato determinato innanzitutto dalle eccezionali doti carismatiche e comunicative del suo fondatore, Silvio Berlusconi. 

Berlusconi era un uomo nuovo, imprenditore che non aveva mai fatto politica e che a questa decideva di dedicarsi non per interessi personali, ma mosso dall’amore verso la propria nazione. Per questo ricevette il sostegno e la fiducia del popolo italiano, stanco degli scandali e della corruzione imperante. Berlusconi fu combattuto da subito e odiato da coloro che, invece, di politica vivevano e vedevano lui come un usurpatore, una persona che arrivava per rovinare la festa, una persona senza esperienza che non aveva diritto di prendere le redini di un paese allo sbaraglio. Quando ci riuscì, fu odiato ancora di più. Quando si rivelò anche capace, fu odiato e combattuto di più ancora. 

Berlusconi riuscì a compattare le forze del centro-destra e a creare un partito unito, solido, forte.

Fu questo il suo merito più grande in un’Italia divisa per antonomasia e da sempre, lui capì che si poteva vincere solo restando uniti.

Ed è proprio questo il tallone di Achille del partito di Berlusconi oggi. Essendo egli  

 stato costretto ad uscire di scena, pur avendo sempre continuato tenacemente ad operare dietro le quinte e nonostante stanchezza e delusione, il partito ha iniziato a disgregarsi. Molti hanno cercato di perseguire il proprio vantaggio ed interesse personale, non tendendo più al raggiungimento del bene comune, perdendo di vista i valori di fratellanza, unità, libertà del partito. Da partito di persone unite dagli stessi valori e desideri, Forza Italia è diventato un partito di persone singole che coltivano il proprio orticello in attesa di vivere il proprio momento di gloria. Berlusconi, come un padre, osserva al di fuori, cosciente di tutto, provando ora dolore, ora amarezza, ora profonda delusione, a volte persino rabbia, perché ci si arrabbia persino con i propri figli, quelle persone che all’interno del partito sono nate e cresciute.

Si parla tanto di rinnovamento. Rinnovarsi, ricominciare, ripartire, reinventare, innovare, sono operazioni fondamentali per stare sempre al passo con le esigenze della società e i tempi. Ma ciò che non bisogna dimenticare sono le radici, i valori fondanti che stanno alla base del partito stesso, primo fra tutti quello della coesione, dell’unità tra tutti coloro che fanno parte della stessa famiglia perché ne condividono idee, propositi, valori. 

È questa la principale sfida che ha davanti il partito di Berlusconi oggi: ritrovare compattezza, vincere i partitismi all’interno del partito, proporsi come un fronte compatto e solido, con al vertice ancora il suo fondatore.  Le spartizioni del potere, la lotta per l’eredità, sono state aperte troppo prematuramente. 

Solo uniti si vince. Fondamentale inoltre la presenza di Silvio Berlusconi, ormai ritornato in pieno possesso dei suoi diritti politici, purtroppo illegittimamente sospesi, già questo basterebbe per spegnere alcuni piccoli fuochi di rivolta e calmerebbe gli animi di coloro che ancora cercano per se stessi un ruolo da protagonista. Importante dunque è questa presa di coscienza, per tornare a parlare un linguaggio comune ed individuare delle linee guida nuove, nonché un programma semplice, chiaro e sintetico, che risponda ai bisogni impellenti di una società disperata. La priorità assoluta non è osservare ciò che fanno gli altri al fine di criticare, ma proporre e trasmettere all’elettorato la chiarezza delle proprie idee.

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Don Luigi Sturzo: a cinquant’anni dalla morte ancora vivo il suo messaggio di fede

novembre 10, 2009

di Noemi Azzurra Barbuto

luigi_sturzoDal 2 al 4 ottobre si è svolto, tra Catania e Caltagirone, un importante convegno internazionale, organizzato in occasione del cinquantesimo anniversario della morte di don Luigi Sturzo, il sacerdote siciliano fondatore nel 1919 del partito popolare.

Il convegno, promosso dal Rinnovamento dello Spirito, ha visto la partecipazione di politici, economisti, nobel per la pace, studiosi, personalità del mondo ecclesiastico, tutti riuniti per ricordare il sacerdote siciliano e per riflettere sul suo messaggio etico ed il suo agire sociale.

Inoltre, il 4 ottobre, a Caltagirone, città natale di don Luigi, sono stati inaugurati la “Casa Museo Sturzo” e il polo di eccellenza dedicato al sacerdote, centro che ospita ex-detenuti impegnati in un programma di rieducazione e reinserimento in campo lavorativo, in convenzione con il Ministero della Giustizia.

Personaggio complesso e versatile, Sturzo è stato prete, teorico, amministratore, segretario di partito, senatore a vita e autore di numerose opere di carattere politico, morale, storico e teologico, ma la sua grandezza risiede soprattutto nell’avere tracciato per primo un cammino di fede nella polis, intesa come centro di vita politica e sociale, introducendo la spiritualità nella mondanità, la moralità cristiana nella politica.

E’ di questa figura-chiave della storia italiana e della Chiesa che l’on.le Giovanni Nucera ha parlato ai giovani popolari liberali nel Pdl, in occasione di questo importante anniversario.

“Don Luigi Sturzo rappresenta la coerenza tra i comportamenti privati e quelli pubblici, qualcosa che oggi, purtroppo, sembra mancare nel mondo della politica”, sono state queste le parole del consigliere regionale, che ritiene inoltre che l’uomo politico, nel suo agire al servizio della comunità, non possa prescindere dagli insegnamenti della moralità cristiana e dai suoi valori di umanità e fratellanza.

“Una figura antica ma più che mai attuale per il messaggio di fede e la lezione morale che trasmette”, ha continuato l’on.le Nucera sempre a proposito del sacerdote siciliano.

Secondo Sturzo, una società senza Dio è odio e morte, per questo non bisogna distinguere la politica dalla morale cristiana. La politica è un bene, è doverosa partecipazione del cittadino alla vita del paese; il fare politica, invece, è un atto di amore per la collettività.

E’ questo il principio affermato da Sturzo: “Si può essere di diverso partito, di diverso sentire, anche sostenere le proprie tesi sul terreno politico o economico, e pure amarsi reciprocamente. Perché l’amore è giustizia ed equità, è anche uguaglianza, è anche libertà, è rispetto degli altrui diritti, è esercizio del proprio dovere, è tolleranza, è sacrificio. Tutto ciò è la sintesi della vita sociale, è la forza morale della propria abnegazione, è l’affermazione dell’interesse generale sugli interessi particolari. Lo spirito cristiano entri nella politica. Si inizi dunque la crociata dell’amore nella politica. La vita pubblica ha per base la giustizia, senza di essa non si regge nessuno Stato e nessuna organizzazione politico-morale”.

L’on.le Nucera ha infine ricordato ai giovani un pensiero di don Luigi Sturzo, tratto da una delle sue opere più celebri, “La Vita vera”, dove il sacerdote sostiene che sia necessario rinascere nello spirito e riporta a questo proposito la frase che Gesù disse a Nicodemo: “In verità, in verità vi dico che se uno non nasce di nuovo, non può vedere il regno di Dio”.

E’ questa rinascita, intesa come rinnovamento morale, che auspica l’on.le Nucera per la nostra Calabria e, in generale, per l’intera classe politica nazionale.

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“Come si conquista un paese”: cronaca del ventennio berlusconiano

novembre 1, 2009

di Noemi Azzurra Barbuto

berlusconi%20mitraNon tutti percepiscono i cambiamenti, quando si preannunciano o sono ancora in atto, occorrono sensibilità e sottigliezza per coglierli, ancora di più per anticiparli, diventando promotori di innovazione, o, più semplicemente, adeguandosi senza resistenze a una realtà che muta in continuazione, cosa che la classe politica italiana, forse troppo tradizionalista e rivolta verso il passato, ha rigettato a lungo, prima che sulla scena politica facesse il suo scintillante ingresso un uomo nuovo, un dilettante, in realtà, senza arte né parte, cioè senza esperienza politica, ma con un solido background imprenditoriale e tanta determinazione.

All’inizio Berlusconi improvvisa, non è certo della vittoria elettorale, viene sottovalutato da tutti coloro che si aspettano, per sicura abitudine, che le cose vadano come sono sempre andate, non viene perciò temuto, si scontra con lo snobismo e il senso di superiorità della sinistra italiana senza mai perdere il suo smalto. Sono quella stessa sinistra e quel centro che perdono in quel periodo la loro egemonia politica e culturale e che successivamente sceglieranno (o dovranno scegliere) di adeguarsi al modello proposto da Berlusconi, imitandolo, per cercare almeno di salvare il salvabile.

Maria Latella, direttore del settimanale “A”, nel suo libro, “Come si conquista un Paese, i mesi in cui Berlusconi ha cambiato l’Italia”, si sofferma su un aspetto fondamentale. Il cavaliere nel ’94 si ispira alle campagne elettorali americane, ne mutua il modo di proporsi al pubblico, lo stile e le forme. Quindi, è Berlusconi che importa in Italia i metodi e le tecniche del marketing-politico elettorale già in voga nel mondo anglosassone.

E’ forse proprio quella sua inesperienza politica, considerata dai suoi avversari, che lo chiamano” il pupo”, un elemento di inferiorità, unita all’esperienza nella comunicazione, nel commercio e nel marketing, a determinare il successo dell’uomo di Arcore.

Berlusconi ha creato dal nulla un partito, attraverso selezioni dei suoi esponenti, e poi lo ha venduto come prodotto, ha assimilato il concetto di elettore a quello di consumatore, cosa che scandalizzava più ieri che oggi, e ha fatto una pubblicità ripetitiva e massiccia al suo prodotto, sottolineandone le qualità rispetto a ciò che di sorpassato offriva la concorrenza.

L’Italia non conosceva, prima del ’94, queste tecniche di comunicazione politica proprie della strategia berlusconiana.

Nel suo libro Maria Latella ripercorre i mesi in cui ha preso il via l’età del berlusconismo, quel ventennio che ancora stiamo vivendo.

Il suo racconto permette di cogliere i motivi che hanno determinato il successo del Cavaliere, che non sarà una cometa destinata a spegnarsi, come credevano i suoi avversari, ma che nel 2009 è presidente del Consiglio per la quarta volta in quindici anni.

Ed è forse questo il suo segreto: Berlusconi è stato capace di conquistare e dare voce alle diverse anime di questa società complessa, mutevole e vitale, contando, – come lui stesso ha più volte affermato -, sulla sua capacità di farsi, a seconda dell’esigenza, “sia concavo che convesso”.

berlusconi-setBisogna, dunque, adeguare la politica alla società e ai suoi mutamenti (e non il contrario), rendendola duttile, come ha fatto questo Berlusconi trasformista che si fa ora operaio, ora imprenditore, ora uomo politico, restando sempre fedele a se stesso e guardando sempre in avanti, come sottolinea la stessa Latella.

Berlusconi, l’uomo nuovo, lo ha fatto questo passo. E su questo si basa il suo successo elettorale.

Nel ’94 i politici “vecchi”, quelli esperti, quelli che hanno fatto la storia della prima Repubblica, la classe politica (anche quella europea) che guarda Berlusconi con disprezzo, non sono in grado di anticipare i tempi, troppo legati come sono a modelli e metodi ormai obsoleti.

Vince chi si pone al passo con i tempi, belli o brutti che siano, questo non conta, e non resta indietro, appunto chi si fa concavo o convesso in base alla circostanza. Perde, invece, chi resiste, chi rigidamente resta aggrappato al passato e ai vecchi schemi.

“Come si conquista un Paese” non vuole essere un’apologia di Berlusconi. Maria Latella, da brava giornalista, non esprime mai la sua personale opinione. Si cerca solo di mettere in luce il fatto che, al di là dei giudizi positivi o negativi, del berlusconismo o dell’antiberlusconismo, il cavaliere non è stato altro che un abile innovatore, che ha fatto delle sue debolezze i suoi punti di forza.

Concludiamo riportando un passo dell’intervista che Maria Latella fa all’ex direttore del Corriere, Paolo Mieli, il quale afferma: “…il fattore economico ha pesato su quelle elezioni del ’94 e anche successivamente […] una persona ricca, che ha creato imprese importanti, ha messo su un impero televisivo, ha fatto concorrenza alla Rai, se uno così, insomma, promette ricchezza e benessere e abbassamento delle tasse, risulta più credibile dei politici eredi di quei partiti colpevoli di aver creato un buco nel debito pubblico”.