Archive for the ‘Cinema’ Category

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Enrico Loverso nella nostra città per il Calabria Film Festival

dicembre 13, 2009

di Noemi Azzurra Barbuto

Un altro personaggio famoso, questa volta un attore italiano, Enrico Loverso, ha solcato giovedì 10 dicembre il tappeto rosso del teatro Politeama Siracusa, nell’ambito della terza edizione del “Calabria Film Festival”, “Festival Internazionale Cinema, Ambiente e Paesaggio”, organizzato dalla Fondazione Calabria Film Commission, presieduta da Francesco Zinnato, che ha preso il via a Reggio Calabria martedì 8 e si concluderà sabato 12 dicembre.

“La Calabria nel cinema” il tema della serata, durante la quale è stato proiettato il film “Il ladro di bambini” del regista calabrese Gianni Amelio, girato nella nostra regione, in particolare nella zona di pellaro, nel 1992, e nel quale Enrico Loverso interpreta il ruolo principale.

«Un film che ha toccato il cuore di tutto il mondo e che ha la stessa forza della tragedia greca», così ne parla l’attore, secondo il quale, il successo di questa pellicola è ascrivibile al fatto che racconta «la realtà nuda e cruda, attraverso immagini semplici, rappresentando l’uomo per ciò che è».

L’attore, di origine siciliana e noto anche nel panorama internazionale, ha indossato nella storia la divisa di un carabiniere calabrese, trasferitosi a Milano per ragioni di lavoro, al quale vengono affidati due orfani affinché li accompagni in Sicilia.

Ecco che ha inizio questo viaggio emozionante lungo la penisola, fino a giungere lì dove si ferma il pullman, davanti ad un tipico e desolato paesaggio calabrese, fatto di strade disastrate ed edifici incompleti. Ma «lo scenario, in realtà, non è di degrado – ha commentato Loverso – quei palazzi ancora da finire sono incompleti sono negli occhi dello spettatore, perché chi ci abita li considera la propria casa».

Dunque, non un’unica verità, ma diverse, ognuno possiede la sua. Ed il protagonista durante questo viaggio al contrario, non più quello tipico dell’emigrazione dal sud al nord, ma dal nord al sud, ritrova la sua verità smarrita, le sue radici, la semplicità e l’umanità dei rapporti, anche grazie al contatto con i due orfani, tramite i quali riconosce se stesso.

«In questo viaggio a ritroso – ha spiegato Loverso – il carabiniere scopre le sue potenzialità, capisce di cosa può essere capace, trasformandosi da guardiano in padre protettivo». Secondo l’attore, il protagonista, una volta lacerate le vesti che indossa, «assomiglia molto a quegli edifici incompleti che si vedono lungo la strada e che, privi di intonaco, mostrano senza vergogna la loro verità».

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“Angela come te” di Anna Brasi al Calabria Film Festival

dicembre 13, 2009

di Noemi Azzurra Barbuto

Sono le donne le principali protagoniste del film “Angela come te” della regista di origine calabrese Anna Brasi, proiettato nel pomeriggio di venerdì 11 dicembre al teatro Politeama Siracusa, appuntamento che si inserisce nel quadro del “Calabria Film Festival”, organizzato dalla fondazione Calabria Film Commission, presieduta da Francesco Zinnato con la collaborazione artistica di Patrizia Tallarico.

Il film, girato nel golfo di Squillace nel 1988, racconta l’amicizia tra due donne molto diverse che hanno lo stesso nome, interpretate da Barbara De Rossi e da Antonella Ponziani.

In un periodo difficile Angela, una colta e raffinata donna di trent’anni, lascia Milano per tornare in macchina in Calabria, dove vive il padre. Lungo la strada Angela, una ragazza di vent’anni impulsiva e grossolana, le chiede un passaggio. Questo incontro segnerà sia l’inizio di un rapporto quasi tra madre e figlia, bello ma anche difficile, sia un cambiamento di vita per entrambe.

Infatti, la donna di Milano, interpretata Da Barbara De Rossi, deciderà di fermarsi in Calabria; mentre, la ragazza calabrese si trasferirà a Milano, «una città piena di occasioni, che sembra prometterti chissà cosa».

 Sembra che queste due donne non abbiano nulla in comune fuorché il nome, invece ciò che le avvicina è il “trovarsi sulla stessa strada”, l’essere entrambe sole ed indipendenti. Forti e fragili come tutte le donne, capaci di prendere da sole quelle scelte difficili che molto spesso gli uomini rimandano.

«Rivedere questo film ha suscitato in me emozioni molto forti, è la mia prima opera e ne sono molto affezionata», ha commentato la regista, Anna Brasi, subito dopo la proiezione. Accanto a lei il produttore del film, Filippo Bussi. «Desideravo raccontare attraverso Barbara De Rossi una storia che non è la mia – ha continuato Brasi – perché io qui non sono mai tornata dopo essermi trasferita a Roma».

Ecco che girare un film diventa un modo per rendere viva una possibilità mai realizzata concretamente. Rimasta in sospeso come le vite di queste due amazzoni…on the road.

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Al cinema per imparare il diritto. Intervista al prof. Francesco Manganaro

novembre 4, 2009

di Noemi Azzurro Barbuto

ManganaroSiamo stati tutti bambini e tutti ricordiamo le difficili lotte davanti ai libri aperti nel tentativo di imparare divisioni, verbi e tabelline a memoria. Non è facile studiare per imparare. Da diversi anni ormai psicologi e pedagogisti affermano che i bambini imparano più facilmente attraverso il gioco, che è stato definito un ottimo strumento di conoscenza. Inoltre, se il bambino prova piacere nell’apprendimento, difficilmente dimenticherà ciò che ha imparato ed avrà desiderio di imparare di più.

Una formula vincente, dunque, che può essere estesa anche agli studenti universitari. Anche loro, infatti, non sono amanti delle lunghe giornate trascorse a ripetere difficili concetti nel tentativo, spesso vano, in vista del prossimo esame, di fissarli in una memoria che, non trovandoli interessanti, continua a rifiutarli.

Prof. Manganaro, ritiene che attraverso il cinema si possa imparare in modo più produttivo ed efficace il diritto?
“Sì. Si tratta di un metodo consolidato, attraverso la visione di un film la realtà viene compresa in modo più immediato. Per quanto riguarda il film di stasera, che è una pietra miliare del cinema italiano, esso affronta, pur essendo un film del ‘63, problemi assai attuali, quali il rapporto tra politica ed economia, lo sviluppo delle città e la qualità della vita, la corruzione amministrativa come impedimento allo sviluppo locale, d’altronde, il crollo di una casa come immagine iniziale del film ricorda eventi recenti”.

Qual è il messaggio più forte di questo film (“Le mani sulla città” di Francesco Rosi)?
“Alla fine del film si usa una metafora, che è quella di trasformare i sudditi in cittadini. Questo, a mio avviso, è il senso più profondo del film: in una realtà meridionale fortemente degradata e clientelare è indispensabile riconoscere i diritti di cittadinanza a tutti e, soprattutto, alle fasce più disagiate. D’altronde nel film, dove si rappresenta una politica fortemente connessa con la speculazione economica, vi sono anche figure positive di persone impegnate in politica per realizzare ideali di rinnovamento sociale”.

Possiamo sostenere che il cinema degli anni sessanta in qualche modo anticipa la nascita del moderno giornalismo d’inchiesta televisivo in Italia?
“Non sono un esperto in materia, ma sicuramente i film del neorealismo italiano sono il segno di un impegno civile che, subito dopo l’uscita dalla guerra, intendeva costituire una società rinnovata e più giusta”.

Il problema diffuso dell’abusivismo nella nostra città implica un pericolo reale per la sicurezza dei cittadini?
“Lo sviluppo della nostra città è uno sviluppo in cui l’abusivismo edilizio è assolutamente predominante, tanto che il costruito è assolutamente esorbitante rispetto alle reali esigenze dei cittadini. C’è, da un lato, un problema di sicurezza; dall’altro, un problema di qualità della vita, dato che si è sviluppata una città poco vivibile, con pochi spazi pubblici, senza spazi verdi. Alcune grandi inchieste giudiziarie dimostrano che anche la qualità delle costruzioni realizzate per speculazioni economiche non è adeguata ai normali standard di sicurezza”.

Cosa pensa dell’iniziativa del Cine-forum?
“Penso che iniziative come questa, che consentono un dibattito, aiutino a sviluppare una coscienza collettiva che sia in grado di maturare in cambiamento sociale. Di fronte a certi eventi, anche di natura calamitosa, non possiamo restare indifferenti, perché, alla fine, coinvolgono anche noi”.

Ecco come un’occasione di svago e di divertimento come l’andare al cinema può trasformarsi in un’opportunità per imparare, per confrontarsi, per discutere circa argomenti che ci riguardano da vicino, ma soprattutto per pensare, è forse questo l’obiettivo principale del Cine-forum, perché, come afferma il prof. Manganaro, “solo se non pensiamo, restiamo una società sottosviluppata”.

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Al cinema per imparare il diritto

novembre 4, 2009

Manisullacitta

di Noemi Azzurra Barbuto

“Legge e grande schermo”, non è un film tratto dall’ultimo libro di John Grisham, ma un proficuo metodo di studio. Imparare il diritto attraverso il cinema è forse un metodo inedito, ma di sicuro effetto, considerando il gran numero di studenti che ogni giovedì riempiono la sala del cine-teatro Siracusa di Reggio Calabria per assistere, di volta in volta, alla visione di un film che costituisce lo spunto per affrontare e discutere insieme ai professori della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria un tema giuridico sempre diverso.

L’iniziativa del Cine-forum, “La ricerca del fenomeno giuridico…nei film”, è stata promossa dall’Associazione studentesca “Aventi Diritto”, in particolare dal presidente, Michele Sergi, dal vicepresidente, Enrico Mancini, (eletti anche al Consiglio degli studenti), dal segretario, Marco Strati, e dai membri Giovanni Meduri, Filippo Oliva, Nicola e Silvio Sicilia.

Si tratta in tutto di sette visioni di celebri film, alcuni più recenti, altri più vecchi ma più che mai attuali, come quello che è stato proiettato al Politeama Siracusa, “Le mani sulla città”, film di Francesco Rosi, con Rod Steiger e Guido Alberti, girato nel 1963. La pellicola è una spietata denuncia della corruzione e della speculazione edilizia dell’Italia degli anni Sessanta.

“Un film con il quale mi sono confrontato tutta la vita – afferma il prof. Enrico Costa, presidente del Corso di Urbanistica della Facoltà di Architettura – che ha fatto prendere coscienza a tutti dei rapporti di forza sul territorio e i compromessi che spesso si fanno. Questo è un film etico per me, definito una grande ed autentica lezione di urbanistica. In esso il rapporto legalità-territorio emerge in modo evidente. Il messaggio civile e culturale che lancia è molto forte. Per questi motivi è un film che ha colpito generazioni di giuristi, architetti, amministratori. Quando lo vidi per la prima volta, ero un giovane studente della facoltà di architettura e feci una scelta: non mi sarebbero mai interessati simili compromessi”.

Si riferisce alla speculazione edilizia, il prof. Costa, in particolare alla corruzione che, soprattutto nel Mezzogiorno, ha prodotto la trasformazione del nostro territorio in un ammasso di edifici spesso incompleti e situati in zone poco adatte, se non persino pericolose per la sicurezza di coloro che li abitano. “L’urbanistica – conclude Costa è previsione, spesso fastidiosa, ma dopo si ha ragione. A 18 anni ho visto questo film, ora, verso i 70, mi indigno ancora per ciò che vedo in giro e, se potessi cambiare qualcosa, lo farei”.

Un tema di grande attualità, dunque, soprattutto in seguito agli ultimi avvenimenti che si sono verificati nel nostro Paese, come il terremoto in Abruzzo e l’alluvione di Messina, che hanno prodotto numerosi morti, vite che molto probabilmente, se fossero state applicate e rispettate le leggi in materia edilizia, non si sarebbero così tragicamente spente. Si tratta, inoltre, di un tema che ci riguarda da vicino, dal momento che nella provincia reggina il fenomeno dell’abusivismo è molto diffuso e ci troviamo in una zona a forte rischio sismico.

“Il film è angosciante – afferma il prof. Francesco Manganaro, docente di diritto amministrativo presso la Facoltà di Giurisprudenza – la realtà che abbiamo intorno lo è allo stesso modo, ma questo non vuol dire che non dobbiamo muoverci, tutt’altro, è indispensabile una reazione civile. Anche noi, nel nostro piccolo, possiamo fare qualcosa di importante. La domanda fondamentale che dobbiamo porci non è cosa fanno i politici, ma cosa facciamo noi. C’è bisogno da parte nostra di una presa di coscienza, bisogna evitare che cada sempre il silenzio su tutto, creando gruppi e collettività sociale. L’Università in questo processo ha un ruolo importante: mettere in tutti noi il seme del dubbio, della ricerca, della conoscenza, e la conoscenza non è silenzio. E’ così che l’Università diventa un luogo di discussione, e di approfondimento su problemi che riguardano tutti noi”.