Archive for the ‘Sport e tempo libero’ Category

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Il cammino di Santiago: un viaggio verso noi stessi

Maggio 21, 2011

di Noemi Azzurra Barbuto

Attraversare a piedi e con lo zaino sulle spalle migliaia di chilometri su antichi sentieri immersi nella natura verso una meta precisa. Molti penseranno che sia qualcosa che non si fa più oggi, nell’era della tecnologia e delle telecomunicazioni, quando basta un aereo per essere in pochissime ore dall’altra parte del mondo. Eppure c’è ancora chi, spogliatosi degli scomodi abiti da lavoro ed abbandonate preoccupazioni, responsabilità ed abitudini dannose ma irrinunciabili del vivere quotidiano, si incammina, portando con sé poche cose davvero indispensabili, verso Santiago de Compostela.

Sono i pellegrini, che, in migliaia ogni anno, viaggiando da soli o in gruppo, intraprendono quel percorso magico che li condurrà da ogni parte d’Europa in Spagna, nella piccola chiesa edificata intorno all’anno 813 sul sepolcro di San Giacomo.

Un viaggio che prevede più tappe e numerosi giorni di cammino, tanto che i pellegrini sono soliti completarlo e concluderlo camminando 15 giorni l’anno per circa un quinquennio. Ed ogni anno il viaggio ricomincia lì dove si era concluso dodici mesi prima e la meta diventa sempre più vicina.

Ma il cammino di Santiago non è solo questo. «Si tratta di un viaggio dentro se stessi, verso il proprio io», ci spiega Gabriella Caridi, chirurgo plastico che ha intrapreso il percorso qualche anno fa attraverso la via Podiensis, partendo da Le Puy en Velay, in Francia.

Infatti, sembra che proprio lì, lungo quelle stradine medioevali che attraversano piccoli villaggi, boschi, prati immensi, montagne, colline, l’essere umano possa riappropriarsi, grazie soprattutto al contatto con la natura ed al silenzio, del suo universo interiore, riscoprendo serenità ed equilibrio interiori. A questo proprosito, Caridi osserva: «La vita quotidiana ci porta a snaturalizzarci. Durante il percorso, il contatto tra uomo e natura ci fa comprendere che l’essere umano non può prescindere dal suo legame con essa. L’uomo diventa irascibile quando gli manca questo rapporto fondamentale per il suo equilibrio psico-fisico».

I pellegrini sono soliti viaggiare insieme, ma su questo percorso ognuno, in verità, è solo con il suo peso, con quel carico che porta più nel cuore che sulle spalle. E in solitudine ci si confronta con i propri nemici più grandi: le proprie paure. Ecco perché si tratta di un’avventura che cambia la vita: siamo noi a migliorare. Ed i cambiamenti più importanti sono proprio quelli che avvengono dentro di noi, rivoluzionandoci.

«Il cammino ti porta ad avere molta energia fisica e psichica, ti rafforza», commenta la nostra simpatica pellegrina, che considera il cammino di Santiago «una sfida con se stessi» e la sua meta ultima, ossia Santiago, «non un punto di arrivo, bensì un punto di partenza verso una vita nuova».

Il sentimento predominante nel pellegrino ogni volta che si conclude il viaggio, come ha spiegato Caridi, è proprio la voglia di ricominciare, di non fermarsi, oltre ad un profondo senso di rinascita.

Questo, in verità, non stupisce, dal momeno che camminare è sinonimo di progredire, ossia di andare avanti, non stando fermi ad aspettare un colpo di scena sul palcoscenico di questa vita che ci vuole attori attivi e non rassegnati ed impassibili spettatori.

«A chi ama camminare, a chi ama la vita e la natura, ma anche a tutti coloro che vogliono riscoprire il contatto con la natura e ritrovare se stessi per migliorare le relazioni con gli altri», a costoro Caridi consiglia questa meravigliosa avventura, alla fine della quale il pellegrino brucia simbolicamente gli indumenti indossati durante il viaggio per abbandonare per sempre quel fardello che si è portato dietro.

Ma qual è l’insegnamento più grande che si apprende nel corso del cammino? Il chirurgo non ha dubbi: «Si comprende che poco è l’utile che serve all’uomo per essere felice. Ci riempiamo di cose futili, superflue, che ci estraniano dall’essenzialità della vita e dell’essere umano».

E se, da un lato, il cammino di Santiago svuota l’animo di tutti i pesi che lo appesantiscono; dall’altro, riempie la vita di nuovi amici, persone incontrate durante il percorso, tutte diverse tra loro per nazionalità, estrazione sociale, interessi, esperienze di vita, ma con in comune il fatto di trovarsi sulla stessa strada e di andare verso lo stesso luogo. «Da questa comunanza deriva una fortesolidarietà che tiene molto uniti i pellegrini e che si riscontra difficilemtne nella vita di ogni giorno», racconta Caridi. E mentre la ascoltiamo noi pensiamo che forse è proprio questo ciò che manca nel mondo: la solidarietà, ossia la consapevolezza che, nonostante le nostre differenze, andiamo tutti verso la stessa meta. Passo dopo passo.

 

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I reggini più vicini alla Svizzera

aprile 29, 2010

di Noemi Azzurra Barbuto

Non solo orologi, mucche, cioccolata, ma anche trasporti eccellenti, gastronomia variegata, paesaggi idilliaci e piccole città dove l’innovazione e la tradizione danno vita ad un connubio perfetto. La Svizzera è tutto questo e molto di più.

Al fine di promuovere il turismo verso questa magnifica nazione racchiusa nel cuore pulsante dell’Europa, ieri mattina nella sala conferenze dell’albergo “È” si è tenuta una conferenza promossa dall’ente Svizzera Turismo, sede di Roma, in collaborazione con il consolato onorario svizzero in Calabria.

Un’occasione, inoltre, per fare un bilancio del progetto “Conosci la Svizzera 2010”, al quale hanno aderito 100 studenti del liceo classico europeo “Tommaso Campanella” di Reggio Calabria e che si è concluso la settimana scorsa con un viaggio che ha permesso ai ragazzi di visitare quattro città svizzere (Zurigo, Lucerna, Losanna e Ginevra), scoprendo la Svizzera in una nuova ed inedita veste.

Sì, perché i nostri vicini svizzeri sono lontani da quello stereotipo ormai consolidato che li vorrebbe eccessivamente pignoli, fino al limite della noia. Gli svizzeri ironizzano con simpatia su questo aspetto e si sanno anche divertire, senza perdere l’amore per l’ordine e la pulizia. Prova ne è l’entusiasmo degli studenti reggini appena rientrati da una settimana da sogno.

Grande la soddisfazione del console onorario Renato Vitetta, che ha personalmente accompagnato in viaggio i ragazzi, regalando loro emozioni ed esperienze inaspettate, come la visita al palazzo UEFA o quella al palazzo ONU a Ginevra.

Il successo del progetto “Conosci la Svizzera 2010”, consistente in un interscambio tra il liceo reggino e quello losannese “Pareto”, costituisce «l’ennesima dimostrazione che la nostra città riesce a dare e a ricevere richiami importanti proprio per la sua strategica posizione», ha dichiarato l’assessore comunale al Turismo Enzo Sidari.

«Vogliamo scambiarci la possibilità di conoscerci meglio», ha continuato l’assessore, auspicando il rafforzamento del rapporto tra Reggio Calabria e la Svizzera.

«È certo che questo avverrà», ha garantito Vitetta, confermando il forte interesse che la Svizzera nutre nei confronti della nostra regione.

Ad illustrare nel dettaglio l’offerta turistica della Svizzera due rappresentanti dell’ufficio Svizzera Turismo, Piccarda Frulli ed Enrico Bernasconi.

Il programma turistico per l’estate 2010 punta, da un lato, sulle escursioni in montagna in varie zone della nazione; dall’altro, per celebrare il centenario del famoso treno che negli anni 30 ha meravigliato il mondo, sulla turistica tratta ferroviaria del Bernina che da Tirano arriva a St.Moritz (2 ore e 15 minuti per un percorso di 61 km), inserita dal 2008 nel patrimonio mondiale Unesco per le meraviglie paesaggistiche che si possono ammirare guardando fuori dal finestrino.

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ORI PER LA F.I.S.E. CALABRIA: CELEBRATI I SUCCESSI INTERNAZIONALI DEGLI ATLETI

novembre 19, 2009

di Noemi Azzurra Barbuto

Sullo sfondo suggestivo del lungomare reggino, precisamente presso il Circolo velico, si è svolta, mercoledì 18 novembre, un’importante manifestazione sportiva per celebrare i successi degli atleti della F.I.S.E Calabria (Federazione Italiana Sport Equestri), conseguiti in occasione della Fiera Cavalli, importante evento sportivo che si svolge ogni anno a Verona e che quest’anno, dal 5 al 9 novembre, ha attirato 153.000 visitatori, 700 espositori e 920 giornalisti nazionali ed internazionali.

Alla manifestazione di premiazione pubblica hanno preso parte Roberto Cardona, presidente della F.I.S.E. Calabria, Fabio Colella, in rappresentanza di Mimmo Praticò, presidente del C.O.N.I. Calabria, Giovanni Filocamo, presidente provinciale del C.O.N.I, ed Enzo Sidari, assessore comunale al turismo e allo spettacolo.

La rappresentanza regionale della monta americana che fa capo alla F.I.S.E. ha conquistato a Verona ben due coppe italiane in due specialità importanti per la federazione, quella del barrel e quella del polebending. Una vittoria riconfermata, in verità, dal momento che già l’anno scorso le squadre calabresi avevano conquistato una coppa. La F.I.S.E. Calabria ha ottenuto inoltre la medaglia di bronzo nei campionati italiani di salto ad ostacoli con la junior di Soverato Carmen Notaro; infine, due medaglie d’oro, una di argento e due di bronzo in occasione delle Ponyadi, le olimpiadi di pony per bambini, svoltesi a Roma, ai Pratoni del Vivaro, nel mese di settembre.

Un grande risultato sportivo conseguito a livello nazionale – ha affermato orgoglioso Cardona – la coppa italiana rappresenta il corrispettivo del famoso scudetto nell’ambito del calcioサ. Il presidente ha poi sottolineato il fatto che queste vittorie danno lustro alla nostra regione, esportando la sua immagine al di là dei confini non solo regionali ma anche nazionali.

Colella, dopo aver riflettuto sul fatto che dietro ogni vittoria c’è molto sacrificio, non solo da parte degli atleti, ma di tutti coloro che li supportano, ha posto l’accento sulla mancanza di strutture sportive, che rende più duro il lavoro degli atleti in Calabria.

Ha mostrato entusiasmo per la vittoria delle coppe anche Filocamo, che ha affermato che ォquando una disciplina sportiva considerata minore si mette in evidenza in questo modo, la soddisfazione è doppiaサ. A questo proposito, Sidari ha osservato che ォin questo momento in cui il calcio ed il basket ci danno delusioni, dovremmo ripartire proprio dagli sport meno praticati ma di cui possediamo una lunga tradizioneサ.

Un punto di partenza da non sottovalutare, dal momento che si tratta di due coppe italiane vinte da una stessa regione.

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Il teorema fondamentale del poker: quando l’abilità conta più della fortuna

novembre 9, 2009

di Noemi Azzurra Barbuto

poker-d-assi“Ogni volta che giochi una mano diversamente da come l’avresti giocata se avessi potuto vedere tutte le carte dei tuoi avversari, vincono loro; e ogni volta che giochi la tua mano nello stesso modo in cui avresti giocato se avessi potuto vedere tutte le loro carte, loro perdono. Viceversa, ogni volta che gli avversari giocano le loro mani diversamente da come avrebbero fatto se avessero potuto vedere le tue carte, tu vinci; e ogni volta che giocano le loro mani nello stesso modo in cui avrebbero giocato se avessero potuto vedere tutte le tue carte, tu perdi”.

E’ questo il teorema fondamentale del poker, enunciato David Sklansky, matematico e giocatore di poker statunitense, nonché autore di diversi libri sul poker.

Dunque, nel gioco del poker fondamentale per vincere risultano essere l’intuito del giocatore, ossia la sua capacità di comprendere e di prevedere il comportamento dell’avversario; e la sua capacità di dissimulare, ossia di fingere e di non lasciare trasparire nulla che possa in qualche modo svelare le sue intenzioni, al fine di trarre in inganno l’altro giocatore.

E forse il successo del poker dipende soprattutto dal fatto che, offrendo tale gioco molte possibilità tattiche epoker di influenza sugli avversari, l’abilità del giocatore è molto più importante che in altri giochi. La lettura dell’avversario richiede infatti una buona capacità di osservazione ed una spiccata intelligenza. Per questo si tratta di un gioco d’azzardo, ma anche psicologico.

La fortuna è ovviamente determinante, ma la valutazione delle probabilità, l’osservazione attenta del comportamento degli altri giocatori e la possibilità di bluffare per indurli in errore, possono capovolgere l’esito della partita.

Questo amato gioco sembra racchiudere in sé la metafora stessa della vita: non conta tanto l’essere nati sotto una buona stella quanto il sapersela cavare bene in ogni situazione, l’essere intraprendenti, il riuscire a risollevarsi dopo essere caduti, il sapersi ritirare dal gioco quando sembra che la circostanza lo richieda, l’attitudine a sfruttare anche i propri umili mezzi per arrivare dove si desidera, il saper mantenere la calma e il sangue freddo davanti alle difficoltà, inoltre, l’essere pronti a rischiare tutto per ottenere di più.

Sì, nella vita, in fondo, anche chi è sfortunato può vincere, ammesso che sappia giocare bene le sue carte.

Le origini del gioco del poker non sono tanto chiare ed esistono diverse scuole di pensiero. Alcuni ritengono che il poker moderno derivi da un gioco persiano, diffusosi in Europa grazie ai colonizzatori francesi; altri che derivi da un gioco tedesco del primo ottocento. Ma sembra che esso sia molto simile ad un gioco francese, il poque, che si diffuse all’inizio del seicento in Francia, poi in Olanda e da qui in tutta l’Europa. Ma, quali che siano le sue origini, il poker oggi è diffuso in tutto il mondo.

Anche nella provincia di Reggio Calabria sono sorti negli ultimi anni dei casinò, in cui gli appassionati spesso si incontrano per dedicare alcune piacevoli ore al loro passatempo preferito e dove vengono periodicamente organizzati dei tornei.

Abbiamo rivolto alcune domande a Vincenzo Morabito, delegato regionale della Federazione Italiana Gioco Poker.

Cosa è più utile per vincere a poker: carte buone o una buona testa?
“Conta la buona testa, o, per meglio dire, contano le giuste decisioni, che alla lunga decretano il successo. Ad esempio, è possibile prendere decisioni errate nonostante si abbiano delle ottime carte e decisioni profittevoli nonostante si abbiano delle brutte carte”.

Ha notato un incremento nel numero di coloro che praticano questo gioco?
“E’ divenuto il terzo sport più seguito in tv, dopo il calcio e la formula uno”.

E’ un gioco prettamente maschile, come siamo abituati a credere, o è praticato anche dalle donne?
“Resta un gioco prettamente maschile, ma molte donne si sono approcciate al poker e continuano a farlo con ottimi risultati”.

Cosa distingue il poker dagli altri giochi d’azzardo?

“Il poker, nella variante sportiva a torneo, non è un gioco d’azzardo. Ogni giocatore paga una quota di iscrizione, per cui viene meno l’elemento del rischio aleatorio e tutti I giocatori hanno le stesse possibilità di vincere. Questo fa sì che anche un giocatore novellino possa confrontarsi con I più bravi senza problemi economici”.

Lei organizza tornei ed eventi legati a questo gioco, quale sarà il prossimo appuntamento importante per la nostra provincia?
“A ottobre inizierà il campionato italiano. Quest’anno l’ha vinto un crotonese, Francesco Graziano, che attualmente si trova a Las Vegas per i mondiali. Sarà un campionato ricco di sorprese e novità. Appuntamento il 7 agosto al Mirage di Lazzaro, dove si terrà la finale estiva di circuito minore”.

Cosa consiglia a chi vuole imparare questo gioco?
“Una sedia, una chip e due carte in mano!”.

“C’è qualcosa di davvero speciale nella sensazione che provi quando solo, in terra straniera, lontano dalla patria e dagli amici, senza neanche sapere quel che mangerai domani, punti l’ultimo fiorino, proprio l’ultimo! Ho vinto, e venti minuti dopo uscivo dal casinò con centosettanta fiorini in tasca. E’ un fatto! Ecco cosa può significare certe volte l’ultimo fiorino! E cosa sarebbe successo se quella volta fossi stato vile e non avessi osato?…Domani, domani tutto finirà!”.

dipendenza_gioco_d_azzardoCon queste parole, tratte da “Il giocatore”, Fedor Dostoevsky descrive le sensazioni speciali che prova il giocatore nel momento in cui inaspettatamente vince, ma rappresenta anche l’effimeratezza del gioco stesso.

Sì, vincere è bello, ma forse lo è di più giocare, è un istinto insito nell’uomo, che gioca da sempre; lo è di più rischiare, puntare e stringere tra le mani la speranza di stare per esaudire i propri sogni, sentire l’adrenalina che sale, il cuore accelerare i suoi battiti, il respiro che si blocca nel petto per un istante infinito…, quello in cui tu vinci, o perdi.

Negli ultimi anni, da quando il gioco è stato legittimato, si è assistito ad un grandioso incremento del mercato del gioco in Italia. Gli italiani, grandi giocatori, ogni giorno spendono milioni di euro per tentare la fortuna.

Ma il gioco, che dovrebbe essere uno svago, può arrivare a volte a rovinare la vita, quando diventa “patologico”. Di gioco ci si può anche ammalare ed arrivare a perdere non solo denaro, ma tutto ciò che si possiede, compresi lavoro, dignità, interessi, persino gli affetti più cari. In questi casi diventa indispensabile il sostegno psicologico, senza il quale non si può guarire.

Ricordiamoci quindi che ogni gioco ha le sue regole, ma che ne esiste una comune a tutti, ossia quella di giocare responsabilmente, senza mai perdere il controllo di noi stessi e senza mai perdere di vista ciò che veramente conta nella vita e il contatto con la realtà, affinché il gioco non si trasformi in incubo.

Quando il gioco diventa troppo serio può fare molto male.

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Il kitesurf: uno sport tra cielo e mare

ottobre 29, 2009

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di Noemi Azzurra Barbuto

Si stagliano nel cielo azzurro come tante virgolette colorate, sembrano grandi aquiloni che volano alti e fieri, sfidando il vento in un gioco in cui vincere è lasciarsi portare, e, infine, volare. Sono le ali dei kitesurfisti, sportivi sognatori, con i piedi saldi su tavole traballanti e con la testa e le braccia protese verso il cielo.

E’ una fusione di elementi: aria, acqua, terra, e anche fuoco, quello che brucia nel cuore di questi atleti infaticabili, perché non ci si stanca mai di ciò che si ama. Ed eccoli a rincorrere il vento, a sperare che il domani porti con sé la Bora, lo Scirocco, il Libeccio, il Levante, il Ponente, la Tramontana, il Maestrale; mentre il resto della gente si limita ad augurarsi che domani ci sia il sole.

Il kitesurf, sport acquatico, che può essere praticato tutto l’anno, è relativamente recente, introdotto in Italia solo da qualche anno, esso è nato intorno al 1999 sulle isole Hawaii. Si lavora con pochi strumenti: una tavola da surf, trainata da un aquilone (kite, o ala), governato per mezzo di una barra. Emozionante non solo per chi lo pratica, ma anche per coloro che assistono allo straordinario spettacolo acrobatico dei kitesurfisti, che si sollevano improvvisamente dalle acque con le loro tavole ed eseguono salti, capriole e giravolte sospesi nell’aria.

Un sogno di bambini che si realizza: volare trasportati dal proprio aquilone.

kitesurf-La costa ionica, in particolare la zona che si estende da Punta Pellaro a Lazzaro, è particolarmente adatta alla pratica del kitesurf a causa dei venti favorevoli e delle correnti dello Stretto. Ed è proprio qui, a Punta Pellaro, che è stata creata una scuola a didattica IKO (scuola ufficiale BEST), aperta a tutti coloro che desiderano imparare questa nuova disciplina sportiva.

Abbiamo rivolto alcune domande ad Agostino Martino, responsabile e titolare della scuola NewKiteZone di Punta Pellaro.

Come è nata questa sua passione per il kitesurf?
“Per caso, come per tanti altri, un giorno in spiaggia, nei pressi di Roma, ho visto volare un kite ed è stato un contagio irreversibile”.

Cosa l’ha spinta a fondare una scuola proprio qui, a Punta Pellaro?
“Punta Pellaro e Reggio Calabria offrono una condizione climatica e una qualità di vento che è raro trovare in altri posti in Europa. Un centro IKO di kite necessita di spazi adeguati e sicuri e, fortunatamente, proprio quella di Punta Pellaro è una delle spiagge più larghe della provincia. La metodica specifica IKO, la più collaudata e conosciuta nel mondo, trova in questo scenario un’applicazione ideale: coniugando condizioni met

eo, servizi, sicurezza totale e scenari mozzafiato”.

Questo sport non è ancora molto conosciuto. Ha notato di recente un incremento nel numero di coloro che lo praticano?
“Il kitesurf è lo sport acquatico con la maggiore percentuale di crescita al mondo (+400%/anno) ed ha goduto dell’evoluzione tecnica dei materiali e dell’attrezzatura. Adesso il kitesurf non è solo lo sport più “cool” dell’estate, ma è anche uno sport vero e riconosciuto dal CONI e questo prospetta un prossimo futuro di sicura espansione”.

La sua scuola può in qualche modo favorire il turismo lungo la costa ionica?
“NewKiteZone (presso il primo lido, “Movida”) è uno dei pochi centri IKO in Italia ed uno dei centoquaranta nel mondo e questo calamita una nuova richiesta turistica-sportiva che ha portata internazionale. Ne consegue che la positiva ricaduta sul territorio coinvolga tutto l’indotto: quello alberghiero, la ristorazione, il turismo culturale-ricreativo e quello eno-gastronomico, che nelle nostre zone può vantarsi di oltrepassare anche gli stretti confini della costa ionica, arrivando di fatto a coprire quelli dell’intera provincia. Un pubblico nuovo, finalmente “giovane”, si trova a scoprire con sorpresa l’esistenza di una Calabria mai immaginata prima”.

Uno sport che dona emozioni, ma anche molto faticoso. Quali muscoli lavorano di più?
“È uno dei luoghi comuni più diffusi. In verità, il kitesurf non è uno sport faticoso e può farlo chiunque, (ci sono kiters di otto anni). Il coinvolgimento muscolare è molto completo e, tra tutte le parti del corpo, forse proprio le braccia -al contrario di ciò che si crede-, sono quelle meno sollecitate. Il kite è infatti collegato ad una specifica imbragatura che consente il pilotaggio con leggeri tocchi di dita”.

Il kitesurf può essere praticato da tutti?
“Assolutamente sì, salvo patologie. I nostri corsi, tenuti tutto l’anno, comunemente si rivolgono ad un pubblico che va dai quattordici anni in su, senza limitazione di forma nè di peso: anche una ragazza di 40 kg è in grado di fare kitesurf senza alcuno sforzo, come alcune socie dell’associazione”.

È uno sport estremo? È sicuro?
“Il kitesurfing, o kiteboarding, grazie all’evoluzione costante e decennale di IKO nel mondo, è finalmente maturato da “sport estremo” a “sport d’azione”, azzerando i rischi e massimizzando il divertimento e la spettacolarità. I corsisti del nostro centro sono il nostro più evidente vanto ed orgoglio, progredendo nella riscoperta della dimensione naturalistica ed ecologica del nostro sport, fatto di emozioni, opportunità di nuova ed autentica socializzazione prima che di vano inseguimento di sorprendenti mode da spiaggia”.

Ci sono regole particolari da seguire?
“Si, soltanto due. Prima di tutto il rispetto del mare, della natura, dell’ambiente e il rispetto degli altri, perché noi siamo “ospiti” in mare e in spiaggia, per questo invitiamo a lasciarla sempre più pulita di come l’abbiamo trovata. La seconda regola è quella di non praticare da autodidatta. Il kitesurf è uno sport semplice e di rapido apprendimento, ma necessita del giusto e collaudato percorso certificato di una scuola professionale”.

Quale sentimento predomina quando ci si trova sull’acqua, trascinati dal vento?
“Sicuramente la libertà più assoluta, nel silenzio della sola natura, senza la contaminazione del rumore dei motori. Un sentimento prezioso, che spesso questo mondo frenetico ed alienante ci ruba. Ma occorre ricordare che solo un kiter ben addestrato usa e non è mai in balia del vento”.

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Lei ha viaggiato tanto in cerca del vento ideale per praticare il suo sport. Ritiene che Punta Pellaro abbia delle caratteristiche che la distinguono dalle altre coste che ha visitato?
“Punta Pellaro è semplicemante, (dati statistici registrati alla mano), lo spot con migliore media e qualità di vento in Italia ed uno dei più ventosi in Europa. E’ proprio viaggiando tanto che ho infine deciso di tornare a Reggio con il progetto di un centro di kitesurf IKO, essendo sicuro della qualità e delle potenzialità di quest’area per questo sport. Benché la metodica IKO sia la più collaudata e sicura, godere di uno spazio così ospitale, sabbioso e senza ostacoli per la didattica, distingue Punta Pellaro, quindi non solo per il suo vento costante e perfetto. Questo mese sedici istruttori, provenienti da tutta Italia, hanno completato il loro addestramento proprio a Pellaro e a Reggio Calabria, alla ricerca, (esaudita), del posto ideale per la loro formazione”.

È uno sport costoso?
“Si spende tanto se si commette l’errore di comprare attrezzatura inutile e se si sbaglia la scelta della scuola giusta. In generale, la scuola dovrebbe fornire tutto il necessario, e solo successivamente si penserà all’acquisto del kite definitivo”.

Prossimo appuntamento?
“Oltre che tutti i giorni presso la scuola di Punta Pellaro, dal 6 al 9 agosto si terrà il “Crossing Race 2009”, la seconda edizione della spettacolare traversata in kite e in windsurf dello stretto. Un evento straordinario che sta già calamitando l’attenzione di tutta Italia e a cui nessuno dovrà mancare. Tutti invitati, naturalmente”.

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A Reggio Calabria le qualificazioni del Campionato nazionale di scherma

ottobre 21, 2009

di Noemi Azzurra Barbuto

schermaQuesta mattina, nel salone dei lampadari di palazzo San Giorgio del Comune di Reggio Calabria, è stata presentata un’importante manifestazione sportiva: la prova di qualificazione per il Campionato nazionale di scherma, che si terrà presso il Palasport di Pentimele, dal 31 ottobre al 1 novembre, e che porterà nella città di Reggio Calabria circa 300 schermitori, le migliori lame delle specialità di fioretto e di sciabola sia maschile che femminile.
Alla conferenza stampa di presentazione erano presenti il presidente della Federazione Italiana Scherma, Giorgio Scarso, il presidente del Coni regionale, Domenico Praticò, il presidente del Coni provinciale, Giovanni Filocamo, il presidente del Circolo Scherma di Reggio Calabria, Salvatore Colica, e il dirigente comunale allo Sport, Fabrizio Veneziano.
Il Campionato Nazionale di Scherma rappresenta un’opportunità importante per la nostra città nell’ambito della diffusione di una cultura allo sport capace, secondo Filocamo, non solo di infondere nei giovani i valori universali di etica, solidarietà e rispetto verso tutti, ma anche di superare l’errata concezione che vuole alcuni sport, tra questi anche la scherma, “meno importanti” rispetto ad altri.
Secondo il presidente Scarso, che ha dichiarato di arrabbiarsi ogni volta che la scherma viene definita “sport minore”, questa manifestazione rappresenta, inoltre, “un modo per promuovere il territorio e per mostrare che le regioni del Sud non sono il fanalino di coda dal punto di vista dell’organizzazione di eventi sportivi”. Scarso ritiene che sia importante creare una cultura che vede nello sport un modo alternativo di investire tempo ed energie.
La scherma è uno sport che per troppo tempo è rimasto assente nella nostra città, ma che adesso viene recuperato nel tentativo, così come hanno affermato Filocamo, Colica e Veneziano, di avvicinare i ragazzi a questa disciplina che, al pari di tutte le altre, è portatrice di sani principi morali.
Un obiettivo non facilmente raggiungibile in assenza della volontà, da parte di tutti, istituzioni e cittadini, di agire per la costruzione di una mentalità nuova, fondata sul principio che, così come ha dichiarato Praticò, “nello sport si lavora bene quando si agisce in squadra. Finché si va avanti da soli, non si arriva da nessuna parte. Nello sport non vince chi bada soltanto al proprio orticello. Noi con questa manifestazione abbiamo piantato alcuni semi”. L’augurio, da parte di tutti quanti, è che questi semi germoglino e che i campionati nazionali del prossimo anno vengano ospitati nella nostra città.