Archive for the ‘economia’ Category

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Noi figli della crisi più nera della storia

novembre 22, 2011

di Noemi Azzurra Barbuto

Da piccoli giocavamo con il crystal ball, collezionavamo le figurine di “L’amore è”, guardavamo in tv Bim Bum Bam, Sailor Moon e Lady Oscar, indossavamo le timberland, e sognavamo il nostro brillante futuro.

Poi siamo cresciuti e abbiamo capito che niente è facile, che tutto richiede impegno e sacrificio. Abbiamo studiato duramente, per costruirci un futuro migliore, contando sul fatto che bastasse questo perché certi problemi non ci toccassero.

Già a scuola ci parlavano di disoccupazione. Ne avevamo sentito parlare insieme alla “Questione meridionale”. Le maestre ed i professori ci dicevano che i giovani andavano via da qui, dal sud, perché qui non c’era lavoro. E noi pensavamo che per noi sarebbe stato tutto diverso. Sì, il problema si sarebbe risolto, si sarebbe estinto con gli anni, e quando adulti ci saremmo inseriti nel contesto lavorativo, sarebbe stato facile, ci sarebbe stato lavoro in abbondanza, non avremmo dovuto scappare via, maledicendo la nostra terra traditrice.

E poi siamo cresciuti. Noi, generazione sfortunata, svantaggiata, osteggiata perché non lavora, noi, con tanta voglia di farlo, con tanta frustazione, con tanta rabbia, noi, indignatos, chiamati “bamboccioni” da chi un lavoro ce l’ha e anche buono. Ci considerano passivi, inermi, privi di fantasia, incapaci di costruirsi una carriera, di inventarsi un lavoro, di fronteggiare la crisi. Ci considerano persino privi di voglia di lavorare.

Ci dicono: “Il lavoro c’è, se uno lo vuole”. E dove? Diteci dove. Così noi andremo a prenderlo, noi a cui non basta più emigrare per un salario, noi figli del precariato, del lavoro nero, dell’instabilità, dell’ “oggi, per fortuna, lavoro; domani non so”. Noi figli della crisi nera, che più nera non si può.

Noi vorremmo andare via dalla casa di mamma e papà, alcuni di noi non ci stanno più bene, altri non ci sono mai stati bene ed ancora, purtroppo, non possono lasciarla, con tutti i problemi che ne conseguono. Noi vorremmo sposarci. Vorremmo costruirci una famiglia. Noi vorremmo vivere da soli. Noi vorremmo arrivare distrutti a fine giornata per il duro lavoro. Noi vorremmo fare la spesa. Noi vorremmo comprarci il pane. Noi vorremmo finalmente diventare adulti, ma stiamo soltanto diventando vecchi. Delusi, disillusi, stanchi.

Noi lottiamo per andare via dalla casa di mamma e papà, alcuni di noi non ci stanno più bene, altri non ci sono stati bene mai, e lottano ancora più forte. Noi lottiamo per sposarci. Noi lottiamo per costruirci una famiglia. Noi lottiamo per poter vivere da soli. Noi lottiamo per arrivare distutti a fine giornata per il duro lavoro. Noi lottiamo per poter fare la spesa. Noi lottiamo per comprarci il pane. Noi lottiamo per diventare finalmente adulti. Noi lottiamo per un posto di lavoro. Ma sembra tutto inutile.

E cosa sarà di noi domani? Ora non guardiamo più al futuro con la certezza che tutto si risolverà, perché tutto è peggiorato, e noi abbiamo imparato la lezione: “Mai illudersi, mai sperare, mai sognare in questo mondo che ha troppo bisogno di fantasia”.

E anche se dalla crisi usciremo, quali prospettive si apriranno per noi che siamo diventati vecchi giovani senza esperienza, senza curriculum, ma con tanto studio sulle spalle? Ci saranno altri giovani che vorranno diventare adulti. Giovani più fortunati di noi.

Non vediamo futuro. Non vediamo spazio per noi nel mondo.

Abbiamo perso tutto. Abbiamo perso la speranza.

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Tutti a Messina per fare benzina

luglio 29, 2011

di Noemi Azzurra Barbuto

Che il porto di Reggio Calabria fosse inadeguato e mortificasse la vocazione marittima e turistica della città ce ne eravamo accorti già tutti, e con grande sofferenza, ma che tra i vari disservizi mancasse anche una colonnina della benzina in funzione è novità di quest’anno.

Infatti, chiunque abbia esigenza di fare rifornimento al proprio mezzo nautico (barca, gommone, moto d’acqua), che sia indigeno o soltanto di passaggio, deve recarsi al distributore più vicino, ossia quello di Messina.

Sicuramente è un grande business per il fortunato benzinaio siciliano che ha visto in poco tempo incrementare i suoi affari a causa di una domanda cresciuta così tanto da arrivare alle stelle.

È molto facile, infatti, incontrare lunghe file di gommoni e di altri mezzi in sosta davanti al distributore messinese. I reggini si incontrano lì, prima di dirigersi chi a Panarea, chi a Vulcano, chi a Lipari, chi a Portorosa, chi a Taormina, chi a Scilla. Qualcuno chiede se si sappia perché il distibutore del porto di Reggio non sia attivo, qualcun’altro fa le sue ipotesi, qualcuno poi si lamenta, ma senza troppo rumore. In fondo, chi se ne frega? C’è il sole, il mare è una tavola, e non vale la pena di angustiarsi per tutto ciò che a Reggio non và. I reggini ormai si sono abituati a questo genere di cose. Accendono i motori e si dirigono a Messina, sperando che la benzina sia sufficiente almeno fino al benzinaio del molo che sta sulla riva opposta dello stretto.

Chissà cosa pensano i turisti in transito?! Si domanderanno anche loro perché il distributore non sia funzione, si chiederanno se ci sia vita oltre i cancelli di quel porto desolato ed angusto o se la città sia abbandonata. Forse penseranno che Reggio Calabria sia splendida, ma che in qualche modo li respinga, non li voglia accogliere, non abbia spazio per loro. E, uscendo dal porto, probabilmente diranno: “Ricordiamoci per la prossima volta che a Reggio Calabria non possiamo neanche fare benzina”.

Tutto questo è ciò che chiamiamo “promozione del turismo”?

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Il No Profit: da terzo settore a settore comprimario

giugno 22, 2010

di Noemi Azzurra Barbuto

Imprese più umane, che non mirano alla massimizzazione del profitto, bensì ad offrire un servizio alla collettività. Sono le organizzazioni no profit, facenti parte di quel terzo settore al quale Domenico Marino e Carmelo Migliardo hanno dedicato un libro, “Politica economica del no profit”, edito da Aracne editrice e presentato ieri mattina nella sala biblioteca del Palazzo della Provincia di Reggio Calabria.

Strada alternativa a quelle del mercato e dello Stato, il settore no profit ha assunto negli ultimi trent’anni un’importanza strategica nell’ambito dell’economia mondiale, soprattutto a causa della crisi dello Stato sociale, alle cui deficienze ha cercato di sopperire, riuscendoci con successo.

Obiettivo del volume è, come ha spiegato uno dei suoi autori, Migliardo, «divulgare il modello della produzione attraverso il no profit», che può «favorire la crescita locale del Mezzogiorno», dove ogni progetto di sviluppo è clamorosamente fallito.

Insomma, lì dove lo Stato non è riuscito, queste organizzazioni possono porre le basi per un corso nuovo.

Tuttavia, esistono degli ostacoli che impediscono l’affermazione del terzo settore nelle regioni meridionali. Primo tra tutti la criminalità organizzata.

Ecco perché, secondo gli autori, per uno sviluppo effettivo è necessaria «una trasformazione sociale», ossia un cambiamento di mentalità.

Il lavoro dei volontari, i minori intoppi burocratici, i minori costi di transazione, la mancata ricerca di un guadagno esorbitante. Sono questi gli elementi vincenti del terzo settore, per i quali, ha affermato il docente Antonino Gatto, il no profit dovrebbe essere considerato ed essere «settore comprimario, promotore della fioritura di un’economia civile». “Civile” in quanto fondata sul «principio regolatore della reciprocità».

Non si tratta di un obiettivo impossibile, secondo gli economisti presenti ieri alla conferenza, dal momento che, come ha sottolineato Gatto, «gli stessi valori che reggono la società possono reggere anche il mercato».

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Anche in tempo di crisi i calabresi non rinunciano mai al dolce: meglio se artigianale

dicembre 21, 2009

di Noemi Azzurra Barbuto

Fare un bilancio dei risultati raggiunti quest’anno e rinsaldare l’impegno per la valorizzazione della pasticceria artigianale, preziosa risorsa del nostro patrimonio culturale. Sono gli obiettivi dell’incontro tra Giuseppe Pucci e Angelo Musolino, rispettivamente coordinatore e rappresentante dell’Associazione Pasticceri Artigiani Reggini (APAR), e Demetrio Battaglia, segretario di Confartigianato, svoltosi ieri mattina presso la sede reggina di Confartigianato di via Marvasi.

«Anche in tempo di crisi i calabresi non rinunciano mai al dolce», ha affermato Pucci, meglio se artigianale, perché la qualità nella scelta dei cibi non è qualcosa da sottovalutare.

E i calabresi lo sanno. Ecco perché il settore, come ha spiegato il coordinatore, ha risentito minimamente degli effetti del dissesto economico. «Merito anche dell’APAR -ha specificato Battaglia- che fin dall’inizio ha assunto come obiettivo prioritario il mantenimento della produzione artigianale e della manualità». Uno dei risultati è stata la conversione dei panettoni da industriali in artigianali operata dalle pasticcerie reggine che aderiscono all’associazione e che da circa due anni producono e vendono solo panettoni prodotti nei loro laboratori.

I vantaggi ottenuti dai consumatori di dolci artigianali non sono pochi. Innanzitutto, «la scelta attenta e curata delle materie prime -ha sottolineato Musolino- garantisce un prodotto superiore in qualità». In secondo luogo, ha continuato il rappresentante APAR, le pasticcerie possono fornire al cliente «una produzione personalizzata in base ai suoi gusti e alle sue personali esigenze». I pasticceri artigiani reggini producono anche dolci per celiaci. Infatti, «sono sempre più numerosi -ha ricordato il coordinatore- coloro che soffrono di intolleranza al glutine».

Sia Battaglia che Pucci si sono dichiarati soddisfatti della felice riuscita della ottava manifestazione del dolce artigianale, che si è tenuta a Palazzo Campanelle lo scorso 16 novembre, coinvolgendo i pasticceri delle cinque provincie calabresi, i consumatori ed i giovani.

In particolare, questi ultimi l’APAR si propone di coinvolgere nelle sue attività, affinché la nostra tradizione dolciaria artigianale non soccomba, vinta da una produzione industriale che, interessata soltanto ai grandi numeri, omologa e rende quasi sintetico il prodotto.

Sono infatti indirizzati ai giovani i corsi che ogni anno l’APAR, con il supporto della Provincia, organizza con il proposito di avvicinare i ragazzi e le ragazze, come ha affermato Pucci, «ad un mestiere non solo “dolce”, ma che dà anche soddisfazione economica».

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Microfinanza: risposta locale alla crisi globale

novembre 1, 2009

di Noemi Azzurra Barbuto

salvadanaioMartedì 17 marzo alle ore 11:00 si è tenuto, presso il salone della Camera di Commercio di Reggio Calabria, il seminario “Crisi del credito: il caso Reggio Calabria. Istituzioni e banche, fare rete contro la crisi”, organizzato dalla C.C.I.A.A.- Servizio Sviluppo Imprese. Ha aperto i lavori il dott. Lucio Dattola, presidente della Camera di Commercio di Reggio Calabria, il quale ha messo in evidenza l’impegno di tutto il sistema camerale italiano nel contrastare la crisi economica e la necessità dell’intervento e della collaborazione delle banche. Nell’era della globalizzazione neanche una realtà locale come la provincia di Reggio Calabria è immune dagli effetti negativi di una crisi economica che ha assunto, a causa della stretta interdipendenza delle economie dei vari stati che compongono il sistema internazionale, una dimensione globale. Quindi, anche noi avvertiamo delle difficoltà in tutti gli aspetti della vita economica, sebbene in misura ridotta rispetto alle altre realtà sia piccole che grandi, dal momento che, come ha sottolineato lo stesso Dattola, “per noi la crisi è quasi una costante delle nostre attività”. E’ il dott. Giuseppe Capuano, Responsabile dell’Area Studio e Ricerche del prestigioso Istituto Guglielmo Tagliacarne, a delinearci, anche attraverso dati statistici, la situazione economica attuale della nostra provincia. Non si parla solo di imprese ma anche di famiglie, anch’esse sono stressate e in difficoltà.

Capuano ci spiega come oggi stiano cambiando, per effetto della crisi, l’approccio al mercato e gli indirizzi di politica economica. Siamo passati da una visione del mercato autoregolatore alla brusca presa di coscienza che il mercato da solo non ce la può fare e ha bisogno di regole, quindi ad una nuova politica economica, che, essendo l’Italia, e in particolare la Calabria, caratterizzata da diversi sistemi di sviluppo, deve essere filtrata anche a livello locale. Per questo Capuano insiste sull’esigenza di monitorare e modificare a livello locale le scelte di politica economica. Egli ritiene che la crisi possa costituire un’occasione per ripensare e cambiare il nostro modello di sviluppo, forse anche un’occasione per metterci alla pari rispetto alle altre economie locali nazionali, dal momento che, quando usciremo da questo lungo tunnel, i divari tenderanno di nuovo ad aumentare e solo le economie virtuose, quelle cioè che hanno avuto la capacità di adattarsi, di affrontare e di sfruttare il momento negativo, ripartiranno veloci.

Un aspetto problematico, sul quale occorre intervenire, riguarda i rapporti tra sistema socioimprenditoriale locale e mondo bancario. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito ad un vistoso cambiamento: si sono ridotte le banche che sono espressione del territorio, cioè quelle dove le micro imprese potevano essere favorite, così le imprese locali si sono trovate davanti una nuova banca, asettica, lontana, estranea e indifferente. Nonostante nella provincia reggina tenda a diminuire la percentuale delle procedure fallimentari rispetto all’universo imprenditoriale, è critico il giudizio delle banche nei confronti del tessuto imprenditoriale locale, continuano a considerarlo più “rischioso” rispetto ad altre aree del Centro-Nord. Ecco perché, nonostante il tessuto di imprese sia oggi altamente affidabile, costituito cioè da imprese più solvibili, meno rischiose dunque per il sistema creditizio, esse continuano a pagare un tasso di interesse più elevato rispetto ad altre realtà. In particolare, le banche sono riluttanti ad erogare credito a “clienti nuovi”, considerando il contesto locale caratterizzato da elevati rischi di “default” e non conoscendo approfonditamente la propria clientela.

Per superare la crisi con successo sarebbe invece fondamentale che le banche assumessero un’ottica di partnership, di affiancamento all’impresa, rapportandosi al territorio. Dice Capuano: “E’ il sistema bancario che deve riflettere, troppo legato com’è a pregiudizi e stereotipi che deve recidere”.

Come uscire dal tunnel? Capuano afferma: “E’ una crisi eccezionale, che va ricomposta con strumenti eccezionali. Tutti devono fare la loro parte. O ne usciamo tutti insieme o non ne usciamo. E’ necessaria la collaborazione di tutti i soggetti interessati: imprese, banche, pubblica amministrazione, cittadini. Bisogna ripensare un modello di sviluppo e pensare oltre la crisi, evitando gli errori che a livello macro sono stati fatti negli Stati Uniti. Di vitale importanza è analizzare e monitorare il sistema, controllandolo nell’interesse di tutti. Il 2009 sarà una palestra, utilizzata per analizzare, ripensare e intervenire”.

cravattariL’avv. Antonio Palmieri, Segretario Generale della Camera di Commercio di Reggio Calabria, sottolinea un altro inquietante aspetto dell’esclusione finanziaria. Essa genera infatti deviazione, cioè usura. La Camera di Commercio si è impegnata a combattere anche questo fenomeno, perché, – come ha affermato il suo presidente, Dattola -, essa, “essendo un ente pubblico, deve avere un’anima sociale e aiutare coloro che al sistema creditizio non possono accedere”.

Quali gli strumenti per uscire dalla crisi? Il dott. Maurizio Berruti, del Consorzio Camerale Credito e Finanza, introduce il tema della “microfinanza”, e sottolinea come la Camera di Commercio di Reggio Calabria sia stata la prima a promuovere questo strumento che, – come ci spiega Berruti -, “non è elemosina. Le micro imprese costituiscono l’80% del tessuto imprenditoriale locale. Se ci concentriamo su queste imprese, abbiamo la possibilità di fare ripartire l’economia. Più imprese micro possono costituire un distretto, cioè una grande impresa, che ha una grande elasticità, maggiore rispetto a quella di una piccola impresa. Inoltre, la micro impresa ha dimostrato resistenza maggiore alla crisi rispetto alla grande impresa”.

La microfinanza va intesa come un servizio etico, messo a disposizione del sistema economico locale per sostenere l’imprenditorialità e gli interventi di sviluppo aziendale. Alla fine Palmieri illustra il “Programma credito”, elaborato dalla Camera di Commercio della provincia reggina per le imprese. Afferma Palmieri: “Il Programma credito ha uno scopo fondamentale: realizzare una sinapsi virtuosa, una forte interconnessione, tra il sistema delle imprese e il sistema del credito. Questa sinapsi è assente a livello locale, piuttosto si registra conflittualità.Con tale programma la Camera di Commercio intende favorire un incontro, un confronto continuo tra banche e imprese, realizzato nell’interesse di entrambe le parti”.

Dunque, il sistema economico locale ha bisogno di una maggiore interazione tra banche e imprese per dischiudere le sue numerose potenzialità. In quest’ottica la microfinanza, cioè la rete banche-confidi-istituzioni per un credito ordinario accessibile, è uno strumento per sconfiggere la crisi e – come ha affermato Palmieri – “per far prevalere una cultura del credito fondata su due capisaldi: il credito è un diritto di tutti e al centro del credito c’è l’individuo, non la casa”.

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Il bergamotto: credere nelle nostre risorse per crescere

ottobre 31, 2009

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di Noemi Azzurra Barbuto

Giovedì 5 marzo presso l’auditorium Cipresseto dell’Accademia del Tempo Libero di Reggio Calabria si è tenuta la conferenza “Reggio Calabria e il bergamotto: la storia”. Il prof. Pasquale Amato, docente di storia contemporanea presso la facoltà di scienze politiche dell’Università di Messina e autore del libro “Storia del bergamotto di Reggio Calabria. L’affascinante viaggio del Principe degli agrumi”, pubblicato da Edizioni Città del Sole, ha guidato coloro che hanno preso parte alla conferenza lungo un affascinante percorso storico, in cui si sono intrecciate tra loro storia locale e storia mondiale, per arrivare a una più consapevole conoscenza di questo straordinario agrume che caratterizza la nostra terra, dal momento che la sua coltura si rifiuta di attecchire in altre parti del mondo.

A proposito del suo libro il prof. Amato specifica come non si tratti di un’opera di botanica, piuttosto di un lavoro nato dall’esigenza di abbattere i numerosi luoghi comuni e i pregiudizi che ruotano intorno al bergamotto. Si tratta del libro di uno storico che si è messo al servizio della sua comunità affinché prenda coscienza della sua ricchezza e inizi a sfruttarla.

Le false credenze, a cui si riferisce il prof. Amato, riguardano innanzitutto l’origine del bergamotto. Sembra infatti che per secoli i reggini abbiano cercato di dimostrare che esso non fosse una pianta autoctona, anziché essere orgogliosi di questa peculiarità del tutto nostra. Hanno così trovato facile fioritura e diffusione nel corso dei secoli diverse favole, alcune delle quali facevano provenire il bergamotto dalle Canarie, importato da Cristoforo Colombo, o persino dalla lontana Cina; altre deducevano dalla radice del nome la provenienza dell’agrume dalla città di Bergamo, o dalla cittadina spagnola di Berga, situata vicino a Barcellona.

colonia

È a metà del Settecento che nascono a Reggio le prime piantagioni di bergamotto. Ci siamo trovati ad avere la fortuna di questa pianta molto delicata, molto difficile da coltivare, siamo diventati esperti nel coltivarla, nell’estrarne la preziosa essenza, ingrediente fondamentale di qualsiasi profumo, nel commercializzarla e nel cederla al mondo, ma non siamo mai arrivati alla conclusione del ciclo produttivo attraverso la creazione di un’industria profumiera, che sarebbe stata certamente l’operazione più redditizia. Abbiamo preferito piuttosto vendere l’essenza ai francesi, i quali si sono affermati nel mondo come esperti profumieri.

È nell’Ottocento che abbiamo il boom della produzione, ma le cause per cui non si passò all’ultimo stadio del ciclo produttivo sono molteplici e vanno ricercate soprattutto nell’ambiente generale reggino dal punto di vista pubblico, mancavano inoltre banche di investimento che avrebbero potuto aiutare gli imprenditori concedendo loro un anticipo economico. L’unica possibilità era dunque l’esportazione, cioè la vendita all’estero di un prodotto esclusivo, che portò in effetti facili guadagni agli imprenditori, ma essi non rischiarono, in un certo senso si accontentarono.

Il completamento del ciclo produttivo non ci fu allora e non c’è stato mai. Ci occupiamo ancora di come cedere l’essenza agli altri e non di come sfruttarla per noi.

Prof. Amato, cosa ci è veramente mancato per giungere al completamento del ciclo produttivo? Perché non abbiamo mai fatto questo passo?
“Non lo abbiamo fatto perché forse non abbiamo tanta fiducia in noi stessi, nelle nostre capacità. Dobbiamo diventare esperti del nostro tesoro. Noi invece siamo generosi, preferiamo che siano gli altri a guadagnarci. Purtroppo il nostro rapporto con il bergamotto è un rapporto strano, difficile per certi aspetti, è un matrimonio che non si riesce a fare”.

Lei crede che sia possibile fare oggi ciò che non siamo riusciti a fare in trecento anni di storia?
“Qualcuno che ha preso l’iniziativa c’è, ma il problema è sempre quello dell’insieme. Se ogni volta che qualcuno cerca di fare di più, gli altri cercano di combatterlo e di abbatterlo, allora non si arriverà mai da nessuna parte. Ma c’è sempre la speranza che prima o poi noi possiamo migliorare”.

TortaBergamotto

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Crescere insieme alle imprese. Sinergia tra Banco di Napoli e Confindustria di Reggio Calabria

ottobre 16, 2009

di Noemi Azzurra Barbuto

confindustriaQuest’oggi presso la Sala Convegni di Confindustria Reggio Calabria è stato sottoscritto tra la Confindustria Piccola Industria di Reggio Calabria e il Banco di Napoli (Gruppo Intesa San Paolo) un protocollo d’intesa per il sostegno alla PMI (piccola e media impresa) sul territorio, che segna una svolta epocale nei rapporti tra il mondo degli industriali reggini e quello bancario, da sempre caratterizzati da mancanza di dialogo, da pessimismo e pregiudizio.
Hanno preso parte all’incontro il presidente di Confindustria Reggio Calabria, Francesco Femia; il direttore Area Campania Sud, Calabria e Basilicata Banco di Napoli, Francesco Guido; il coordinatore Marketing Imprese e Banco di Napoli, Maurizio Guglielmini; il presidente della Camera di Commercio di Reggio Calabria, Lucio Dattola, e l’assessore Candeloro Imbalzano. Ampia è stata, inoltre, la partecipazione da parte degli imprenditori reggini, che si sono mostrati molto interessati a questa iniziativa.
Il protocollo d’intesa prevede innanzitutto due benefici per le imprese: rinvio rate mutui e leasing; ed allungamento delle scadenze del credito a breve termine. Inoltre sono previsti prodotti e ulteriori iniziative a disposizione delle imprese: linea di credito “conto insoluti”; programmi di ricapitalizzazione e rinvio data. Il tutto, grazie a un plafond di 5 miliardi di euro.
In Calabria i rapporti tra sistema socio-imprenditoriale e mondo bancario hanno sempre rappresentato un aspetto problematico sul quale intervenire. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito ad un vistoso cambiamento: si sono ridotte le banche che sono espressione del territorio, cioè quelle dove le micro-imprese potevano essere favorite, così le imprese locali si sono trovate davanti una nuova banca, asettica, lontana, estranea e indifferente.
Nonostante nella provincia reggina tenda a diminuire la percentuale delle procedure fallimentari rispetto all’universo imprenditoriale, resta critico il giudizio delle banche nei confronti del tessuto imprenditoriale locale, che viene considerato più “rischioso” rispetto ad altre aree del Centro-Nord. Ecco perché, nonostante il tessuto di imprese sia oggi altamente affidabile, costituito cioè da imprese più solvibili, meno rischiose dunque per il sistema creditizio, esse continuano a pagare un tasso di interesse più elevato rispetto ad altre realtà. Inoltre, sebbene il Sud sembra aver risentito meno degli effetti negativi della crisi, da noi resta più difficile l’accesso al credito. In particolare, le banche sono riluttanti ad erogare credito a “clienti nuovi”, considerando il contesto locale caratterizzato da elevati rischi di “default” e non conoscendo approfonditamente la propria clientela.
Ma questo accordo mostra l’adozione da parte del mondo bancario di un’ottica di partnership, di affiancamento all’impresa, rapportandosi al territorio. Si apre dunque un nuovo corso che, favorendo il disgelo nei rapporti tra imprese ed istituti bancari, potrà certamente produrre una più facile uscita della nostra provincia dal tunnel oscuro di quella crisi economica che, sebbene sia nata negli Stati Uniti, ha finito con il coinvolgere in modo pesante persino realtà piccole come la nostra.
Il presidente Femia ha sottolineato l’importanza del sostegno del mondo bancario per avviare la ripresa economica: “Noi abbiamo un sistema povero, la Calabria è maltrattata, zavorrata, qui tutto costa di più, anche il credito. Mi auguro che con questo accordo oggi si possa ottenere qualcosa anche se la ripresa non è effervescente”. Femia si è ripetutamente rivolto agli imprenditori incoraggiandoli ad esporre i loro bisogni, affinché sia possibile stabilire insieme le misure da adottare per fare muro contro la crisi.
Francesco Guido, a questo proposito, ha messo in luce il carattere di questo accordo. “Non siamo qui per fare un comizio, o un’operazione di marketing. Spesso le banche e gli imprenditori sono antagonisti, non è questo lo spirito che ci porta qui. E’ necessario eliminare i luoghi comuni e le incomprensioni per avviare una effettiva collaborazione attraverso il reciproco riconoscimento dei ruoli, sapendo bene che l’impatto di tutto questo determina l’andamento stesso dell’economia. Oggi veniamo qui a parlare di questo accordo – ha proseguito – mettendoci la faccia. Se avessimo voluto giocare in difesa, lo avremmo fatto dai nostri uffici. Sono convinto che ancora tanti equivoci ci siano nel rapporto tra imprese e banche. Noi giochiamo su questo campo di calcio, dobbiamo conoscerne le dimensioni, senza lamentarci del fatto che non sia un campo da golf, dobbiamo misurarci con esso e fare in modo di conoscerlo”.
Guglielmini ha illustrato gli obiettivi fondamentali dell’accordo: assicurare la continuità del credito al sistema produttivo, garantendo alle imprese liquidità sufficiente per superare questi difficili mesi, e promuovere interventi per rafforzare il patrimonio delle imprese, per fornire loro della gambe più solide per affrontare la salita che viene dopo la crisi.
Forse i calabresi hanno imparato a sfruttare i momenti di crisi per ripensare i modelli di sviluppo, per percorrere nuove strade e migliorarsi, l’accordo siglato oggi tra Confindustria Reggio Calabria e Banco di Napoli sembra esserne una prova evidente, dal momento che esso si propone di trasformare lo scontro tra il mondo imprenditoriale e quello bancario in un confronto costante, in cui ciascuna parte collabora per ottenere il meglio per sé e per l’altra. Non sarà un percorso facile, gli imprenditori forse sono abituati ormai da troppo tempo a considerare le banche come dei nemici che li ostacolano o che comunque non li aiutano nell’esercizio delle loro attività commerciali, questo è ciò che emerso dai loro interventi durante la fase del dibattito precedente la firma dell’accordo, tuttavia c’è la volontà di combattere insieme  contro la crisi e non più l’uno contro l’altro.