di Azzurra Noemi Barbuto
Oggi se ne trovano di tutti i tipi, da quelle profumate a quelle per pelle mista, grassa, matura, giovane, agli acidi della frutta, al karitè, al siero di vipera, alla bava di lumaca. Le abbiamo provate tutte e siamo attente a tutte le novità sul mercato, le creme per il viso o per il corpo non sono solo indispensabili per mantenere giovane, luminosa e sana la nostra pelle, ma anche un modo per rilassarci e prenderci cura di noi, coccolandoci. Mettere la crema è un gesto di amore per se stesse e un rito di bellezza da ripetere mattina e sera.
Esistono tre segreti fondamentali per una pelle perfetta: pulizia profonda, esfoliazione e idratazione (nutrimento).
La pelle è l’organo più esteso del nostro corpo, è viva e respira. O meglio, ha bisogno di respirare. Soffocarlo con un trucco troppo pesante la rende spenta e ne favorisce l’invecchiamento. Indispensabile, quindi, la pulizia, liberando i pori e restituendo la pelle ossigeno. Ottima la pulizia eseguita con bicarbonato di sodio, facilmente reperibile in qualsiasi supermercato al costo inferiore ad un euro, e il succo di limone.
L’invecchiamento della pelle è dovuto anche all’accumulo delle cellule morte. Ecco perché è buona norma fare lo scrub sia alla pelle del viso che del corpo almeno una volta alla settimana. È possibile esfoliare la pelle anche con dello zucchero o del sale strofinati delicatamente sulla pelle. È possibile fare un ottimo scrub per il viso con zucchero, miele e un po’di latte. La pelle risulterà immediatamente luminosa e setosa. Questo tipo di scrub è ottimo anche per il corpo.
Infine, arriviamo all’ultima fase, quella del nutrimento. Una pelle esfoliata e pulita in profondità è più ricettiva a ricevere nutrimento e ne ha bisogno. In farmacia e in profumeria si trovano ormai tante creme idratanti di ottima qualità, ma l’ingrediente migliore si può trovare anche al supermercato: l’olio di oliva.
Le proprietà dell’olio di oliva come trattamento di bellezza erano conosciute già nell’antichità. I fenici lo chiamavano “oro liquido”, gli egizi lo usavano per ammorbidire la pelle e per rendere lucidi i capelli, nella Grecia antica gli atleti lo adoperavano per i massaggi.
Nutriente, anti-aging naturale, illuminante, conveniente, l’olio di oliva ricostruisce il derma e possiede numerosi principi attivi e numerose virtù. Innanzitutto, migliora in modo assoluto l’elasticità della pelle. È un prodotto 100% naturale, senza agenti chimici, che possono essere nocivi, senza coloranti e senza profumi sintetici.
È inoltre ricco di sostanze benefiche:
-la vitamina E che contrasta i radicali liberi, maggiori responsabili del processo di invecchiamento;
-la vitamina A che impedisce la secchezza delle mucose;
-squalene: in grado di penetrare negli strati più profondi della pelle e riformare il filo idrolipidico (indebolito dai raggi solari e dai detergenti), rinnovando la pelle;
-acidi grassi insaturi come il linoleico ed il linolenico che prevengono disturbi della pelle come eczema, acne, psoriasi e pelle secca;
– il beta-carotene che dona elasticità alla pelle;
-acidi ed alcoli triterpenici che sono cicatrizzanti.
Come utilizzarlo? Il modo migliore è passarlo sulla pelle dopo il bagno o la doccia al posto della crema, in questo modo contrasta gli effetti disseccanti dell’acqua calcarea e leviga, ammorbidisce, tonifica e rivitalizza l’epidermide. Inoltre, attenua le cicatrici della pelle o le smagliature.
Sceglilo extravergine. Provalo e non potrai più farne a meno.
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Olio di oliva: un potente alleato per la tua bellezza
dicembre 12, 2014
Il cordone è vitale
dicembre 16, 2009di Noemi Azzurra Barbuto
Malattie ematologiche, del muscolo cardiaco, delle ossa, dei vasi sanguigni, che procurano gravi sofferenze a milioni di persone, possono essere curate oggi attraverso un semplice gesto: la donazione del sangue del cordone ombelicale.
Per sensibilizzare tutta la cittadinanza, ma anche per raccogliere i fondi necessari per le attività di informazione, per tutta la giornata di domenica 13 dicembre, i volontari e la presidente regionale, Gaetana Franco, della GADCO, Associazione Gruppo Avis Donatrici Cordone Ombelicale, che ha la sede reggina negli uffici dell’Avis sita sul corso Garibaldi, si sono messi al servizio dei cittadini, accogliendoli nello stand allestito per l’occasione in piazza San Giorgio.
L’obiettivo che si propone la GADCO, associazione senza fini di lucro, attraverso questa iniziativa è la promozione della donazione del sangue del cordone ombelicale in tutta la Calabria. Ed è proprio nell’Azienda Ospedaliera di Reggio Calabria che è localizzata la Calabria CBB (Cord Blood Bank), ossia la banca deputata alla raccolta del sangue prelevato.
«Un’operazione semplice e rapida, che non procura alcun rischio ed alcuna sofferenza al neonato – ha sottolineato Franco – dal momento che avviene quando il cordone è già stato reciso».
Il prelievo consiste nell’aspirare il sangue dal cordone per poi raccoglierlo in una sacca sterile, che viene successivamente inviata alla Banca per le analisi e la crioconservazione a 196° C sottozero.
Il sangue del cordone ombelicale, «ricco di cellule staminali che possono essere conservate a lungo termine ed entrare nel circuito italiano e mondiale», come ha spiegato la presidente regionale dell’associazione, non è utile solo nella cura delle malattie ematologiche, ma, cosa altrettanto importante, «nel futuro potrà dare speranza ai malati di numerose altre patologie attualmente non curabili».
Non sono poche le donne reggine che quest’anno hanno fatto questa scelta di amore e di speranza, circa un migliaio, ha riferito Franco, aggiungendo che il prossimo anno «supereremo certamente questo numero». Infatti, anche in Calabria, si sta diffondendo sempre di più la convinzione che, come recita lo slogan della GADCO, «il cordone è vitale».

Siamo ciò che mangimo: la salute della collettività dipende anche dalla salubrità degli alimenti
novembre 4, 2009di Noemi Azzurra Barbuto
Mucca pazza, influenza aviaria, polli e mozzarelle contaminati dalla diossina, uova avariate, aflatossine nel latte, sughi e condimenti contenenti coloranti cancerogeni, latte alla melamina, suini irlandesi. Sono solo alcune delle emergenze alimentari che negli ultimi anni hanno messo in discussione la sicurezza di ciò che mangiamo e che ci hanno fatto interrogare perplessi sul percorso che conduce un determinato alimento fino alle nostre tavole.
Esiste una stretta correlazione tra alimentazione e salute. Se è vero il principio, nato dalla saggezza popolare, per il quale “siamo ciò che mangiamo”, nel senso che i cibi di cui ci nutriamo determinano il nostro stato psico-fisico e influenzano il nostro corpo, è chiaro che alimenti nocivi possono costituire un grave pericolo per la nostra salute.
In base alla definizione sintetica dell‘Unione Europea e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la sicurezza alimentare è una responsabilità condivisa dal campo alla tavola. Ma essa costituisce ancora oggi un problema di salute per i cittadini, nonostante siano numerosi gli strumenti normativi elaborati sia a livello nazionale che comunitario al fine di garantire i consumatori, come, ad esempio, l’obbligo dell’etichettatura dei prodotti alimentari, il cui scopo non è solo quello della tutela degli interessi del consumatore attraverso una corretta informazione, ma anche quella di favorire la correttezza delle operazioni commerciali, nonché la libera circolazione dei prodotti alimentari all’interno dell’Unione Europea.
Nel mese di marzo è stato importante il lavoro dei carabinieri proprio nell’ambito della sicurezza alimentare nel territorio reggino, avendo concluso con successo diverse operazioni di controllo, alcune delle quali hanno portato anche al sequestro, da parte dei carabinieri della motovedetta di Roccella Jonica, con la collaborazione dei colleghi delle stazioni territoriali, di oltre 50 kg di pescato tenuto in cattivo stato di conservazione e di oltre 10 kg di merce decongelata che veniva spacciata per pesce fresco da parte di due venditori ambulanti. Negli stessi giorni i NAS hanno chiuso e sequestrato due capannoni e quattro celle frigorifere industriali, destinate al deposito di alimenti, gestiti da una società operante nel settore della distribuzione, dopo aver riscontrato gravi carenze igenico-sanitarie e strutturali e la mancanza di alcune autorizzazioni obbligatorie.
Dunque, un cibo mal conservato, trattato con manipolazioni scorrette o esposto ad inquinanti di vario tipo può essere causa di danno per la salute di chi, ignaro, lo consuma.
Per questo la sicurezza degli alimenti prodotti, commercializzati o somministrati dipende da una serie di norme igieniche fondamentali, che devono essere conosciute e scrupolosamente osservate non solo dagli addetti alla preparazione e alla vendita di prodotti alimentari, ma anche da ciascuno di noi, perché siamo proprio noi l’ultimo anello di quella catena che conduce gli alimenti dal campo alla tavola.
Abbiamo rivolto alcune domande a un luogotenente dei NAS, che ci ha accolto con quella gentilezza e quella disponibilità che hanno sempre caratterizzato e contraddistinto l’Arma dei Carabinieri.
Il rischio deriva solo dal prodotto globalizzato, importato in Italia cercando di eludere certi controlli e di cui a volte può essere arduo rintracciare l’origine, o anche del prodotto italiano, persino locale?
“Non esiste una statistica che addita un prodotto di provenienza estera. La dannosità di un prodotto dipende da diversi fattori, non solo dalle materie prime, ma anche, ad esempio, da luogo dove viene lavorato. Noi possiamo avere i migliori prodotti, ma se li lavoriamo in un luogo non adatto, il prodotto può diventare nocivo. Un’altra fase riguarda i depositi, un’altra ancora la vendita. Non dobbiamo entrare nell’ottica difforme che un prodotto importato dall’estero sia dannoso, perché le valutazioni da fare sono molto più complesse e sono relative alla filiera alimentare. Contano anche le modalità di vendita, quindi l’etichettatura. Dire che un prodotto è nocivo perché viene dall’estero non è corretto”.
I controlli effettuati dalle autorità competenti sono sufficienti per renderci sicuri di ciò che arriva nel nostro piatto, cioè il consumatore si può recare tranquillo a fare la spesa?
“Certo, i controlli vengono svolti quotidianamente con tanto impegno. Quando parliamo di controlli, parliamo di sicurezza, che deriva da tutte quelle attività cosiddette legali. Il controllo è costante, qualificato e svolto con precisone. Il problema è il sommerso, cioè le vendite porta a porta, e oggi anche internet. Chiunque su eBay può comprare qualsiasi prodotto, ma occorre ricordare che la garanzia prima è l’occhio del consumatore, il quale dall’etichetta può controllare direttamente dove nasce un prodotto e le sue modalità di conservazione”.
Quali consigli può dare a noi consumatori, ultimo anello di una catena spesso lunga e difficile da ricostruire?
“Il controllo dell’etichetta è il primo passo da fare, leggere poi dove vengono stabiliti i criteri di conservazione e verificare il rispetto di quanto consigliato, controllando le temperature dei frigoriferi. Tutti i banchi frigoriferi e gli espositori dei surgelati devono essere a una temperatura di -18°. I latticini e tutti gli altri prodotti fresci devono essere conservati a 4-6°. E’ importante notare che sui surgelati non ci siano patine o cristalli di ghiaccio, chiaro segno che non è stata rispettata la temperatura. Inoltre, per quanto riguarda le pizzerie, i ristoranti, i panifici o le salumerie, bisogna stare attenti anche all’abbigliamento e al modo di presentarsi del personale: camice pulito, cappello in ordine, pulizia in generale. Infatti, se una persona non cura la sua pulizia personale come può avere cura del cibo?”.

I calabresi sono tra i più obesi d’Italia
ottobre 31, 2009di Noemi Azzurra Barbuto
Secondo i dati rilasciati dall’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica, presentati a Roma in occasione dell‘Obesity Day del 10 Ottobre, la giornata contro i chili di troppo, la tendenza ad ingrassare e l’alimentazione scorretta, gli italiani sono sempre più grassi. Tra gli ultimi in classifica, per forma e stile di vita, ci sono anche i calabresi (prima dei lucani e dei siciliani), che risultano essere tra i più obesi d’Italia sia per la categoria uomini (34%) sia per quella donne (42%).
Un dato allarmante (soprattutto se si considera il fatto che tende ad aumentare), che svela sia l’esistenza di pessime abitudini alimentari sia uno scarso interesse per la propria salute, perché l’essere magri non è solo una questione estetica, ma è, innanzitutto, una questione di benessere.
L’obesità ed il sovrappeso infatti sono problemi molto seri, che vanno affrontati sul fronte sanitario fin dall’adolescenza, in quanto si associano con la maggiore predisposizione ad andare incontro ad alcune forme di tumore, al diabete di tipo 2, alle malattie cardiovascolari e all’ipertensione, alle malattie respiratorie, all’osteoporosi, anche a disturbi psicologici che influiscono negativamente sulla qualità della vita. Un altro fattore di rischio è la minore aspettativa di vita.
Le cause dell’obesità, che si riscontra quando l’indice di massa corporea (IMC= peso/altezza al quadrato) è superiore a 30 e che è considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) un grave disturbo medico, sono molteplici: una predisposizione genetica; un comportamento alimentare scorretto, (iperalimentazione, mangiare troppo o mangiare male); ipoconsumo; problemi psicologici, come ansia, depressione o stress, che spesso portano l’individuo ad ingerire per compensazione grosse quantità di cibo.
Ma affermare che esista una predisposizione genetica al sovrappeso (che riguarda comunque solo una percentuale minima della popolazione) può costituire un pericolo, dal momento che questo potrebbe spingere gli individui che soffrono di questa patologia a credere, a torto, che non potranno mai liberarsi del proprio grasso in eccesso. Niente di più sbagliato. Per riuscire a dimagrire, infatti, risulta essere fondamentale un atteggiamento di fiducia in se stessi e nelle proprie possibilità di riuscita, per contrastare i momenti difficili in cui, presi dallo sconforto, si decide di mollare tutto e si mangia più di prima. Un circolo vizioso, dunque, dal quale si può venire fuori con la buona volontà ed un atteggiamento positivo.
E’ bene, inoltre, affidarsi ad un medico e seguire un programma preciso, che comprenda sia una dieta ipocalorica sia una regolare attività fisica. Da evitare la rigidità, perché porsi degli obiettivi irraggiungibili, privarsi eccessivamente, seguire delle regole troppo severe che non possono essere rispettate a lungo, sono motivi che prima o poi portano l’individuo a ribellarsi. Ed ecco che si ottiene il famoso effetto yo-yo, che produce addirittura un peggioramento dello stato di obesità.
Ecco alcune regole basilari per seguire al meglio una dieta:
bere tanta acqua;
non saltare mai la prima colazione;
consumare molte verdure e tre frutti al giorno;
fare due spuntini tra i pasti principali;
ridurre il sale e il condimento;masticare a lungo i cibi;
limitare il consumo di pane e pasta (preferire i cereali integrali);
eliminare alcolici e superalcolici ed evitare bevande zuccherate;
preferire le cotture in acqua, al vapore o al forno;
fare un’attività fisica moderata e costante.
Ma perché in Calabria ingrassiamo tanto? Forse dovremmo chiederci, innanzitutto, perché mangiamo tanto. Probabilmente perché siamo dei buongustai da sempre, ci piacciono le grandi tavolate e l’abbondanza; nell’epoca del fast-food, tanti di noi considerano ancora il pasto un momento di condivisione, di scambio, di incontro e di socializzazione, che in alcune circostanze si protrae tanto a lungo da diventare un continuum con il pasto successivo; le feste si trasformano in un’occasione per mangiare ancora di più, anzi spesso in una gara a chi mangia di più; qui il concetto di “pasto light” corrisponde ad un abbondante piatto di pasta al quale si è avuta l’accortezza di non aggiungere il formaggio e le madri sono convinte che dare tanto cibo ai loro figli equivalga a dare loro tanto amore; da noi sono ancora diffuse la convinzione (comunque errata) che il grasso sia salute e quella che le persone grasse siano le più allegre; mentre, nel resto dell’Italia, sopratutto al nord, l’essere grassi è considerato un deterrente sulla strada del successo e della felicità, se non addirittura un motivo di esclusione e di emarginalizzazione.
Al nord non si mangia per essere felici. Qui si mangia per non essere tristi.
Chissà, forse mangiamo tanto perché ci piace tanto stare in compagnia.

Il sangue come elisir di giovinezza
ottobre 29, 2009di Noemi Azzurra Barbuto
Della sua capacità di ringiovanire istantaneamente la pelle ne era convinta Elisabetta Báthory, contessa sanguinaria della Transilvania, che visse a cavallo dei secoli sedicesimo e diciasettesimo, la quale era solita bere il sangue di innocenti fanciulle per conservarsi sempre giovane e fresca, e forse possiamo affermare oggi, alla luce delle recenti scoperte scientifiche, che la contessa non sbagliava del tutto nel considerare il sangue un potente elisir di bellezza, semmai il suo errore risiedeva nel fatto che si trattava di sangue altrui e non del proprio.
Non è questo un invito a seguire l’esempio della sadica nobildonna, la quale, peraltro, fece davvero una brutta fine, condannata a essere murata viva nella sua cella. Ma possiamo supporre che, se ella fosse vissuta ai nostri giorni, sarebbe stata quasi certamente un’accanita consumatrice del Trattamento P.R.P., che, sfruttando particolari sostanze contenute nel nostro sangue, in poche sedute ringiovanisce visibilmente la cute di diverse zone del corpo.
A tutti noi è capitato, per la prima volta durante la nostra infanzia, magari giocando con gli amici in cortile, di provocarci una piccola lesione sanguinante, che non ci ha portati alla morte per emorragia grazie all’azione delle piastrine (o trombociti), elementi presenti nel nostro sangue.
Le piastrine, dunque, svolgono un’importante funzione riparatrice, non solo perché tamponano le lesioni della pelle, ma anche perché i granuli contenuti al loro interno rigenerano sotto la crosta il tessuto cutaneo danneggiato, rendendolo uguale a quello circostante. La considerazione di questo fenomeno, che a noi oggi appare scontato dopo averlo osservato innumerevoli volte, ma che non è altrettanto banale per la scienza, ha portato all’ideazione di un innovativo trattamento di biorivitalizzazione cutanea.
I fattori di crescita contenuti nelle piastrine stimolano diversi meccanismi cellulari, tra cui la sintesi del collagene. In realtà, non si tratta di una novità assoluta, dal momento che il Plasma Arricchito in Piastrine, ottenuto per centrifugazione del sangue, è già usato da alcuni anni in Ortopedia per stimolare la rigenerazione ossea. Questa tecnica è stata applicata con successo anche su Ronaldo, per curare una tendinite cronica del ginocchio. E, secondo gli esperti di medicina dello sport, questo rilascio di collagene, che si traduce nella sostituzione di tessuto danneggiato con tessuto sano, può essere efficace nella cura delle tendiniti croniche: gomito del tennista, ginocchio, tendine di Achille.
La nuova frontiera sarà l’applicazione di questo trattamento nell’ambito della medicina estetica, per stimolare la rigenerazione cutanea. Infatti, come ha dimostrato un geniale medico spagnolo, l’utilizzo del Plasma Arricchito in Piastrine si è rivelato essere efficace nella formazione di collagene giovane (quello di tipo 3), e può essere usato per trattare tutte le parti del corpo che presentano scarsa compattezza cutanea: viso, collo, decoltè, braccia, cosce, mani, ect..
L’aspetto più interessante di questo trattamento consiste nel fatto che si tratta di una tecnica non invasiva, non di un trattamento di riempimento, bensì di un metodo che rispetta gli equilibri biologici e che mira esclusivamente a ripristinare le condizioni vitali della nostra pelle, da qui deriva il miglioramento estetico, che consisterà in un ringiovanimento cutaneo: cute più tonica, più turgida, più elastica, più compatta, più fresca.
Inoltre, i risultati potenziano gli effetti e la durata di trattamenti di diverso tipo e successivi, e possono essere mantenuti nel tempo ripetendo le sedute ogni 4-6 mesi.
La tecnica di biorivitalizzazione con le piastrine è molto semplice e non provoca dolore. Viene effettuato un prelievo di circa 20 ml di sangue interno, che viene centrifugato per separare i globuli rossi e bianchi dalla parte liquida (siero), che è quella dove si trovano le piastrine. La parte liquida viene poi trattata con una soluzione che libera i granuli contenuti nelle piastrine, che vengono successivamente iniettati all’interno della pelle mediante un ago di soli 4 mm.
“Il liquido iniettato non può provocare rigetto, perché – come afferma il dott. Leonardo Pentivolpe, medico-chirurgo di Treviso, coordinatore della Società Scientifica di Ossigeno Ozono Terapia – si tratta di una sostanza nostra, che proviene dal nostro stesso corpo, questo esclude qualsiasi possibile effetto collaterale”.
Dott. Pentivolpe, c’è attualmente molta richiesta di questo trattamento di biorivitalizzazione con le piastrine?
“C’è ancora poca richiesta, ma non perché non sia un trattamento capace di produrre ottimi risultati, piuttosto perché è ancora poco conosciuto, trattandosi di un metodo nuovo”.
Lei, da medico esperto e illustre quale viene riconosciuto ormai non solo in Italia ma anche all’estero, lo consiglia alle donne che desiderano migliorare l’aspetto della loro pelle?
“Certamente lo consiglio. Se lo faccio vuol dire che ritengo che sia un trattamento efficace. Io lo faccio perché ci credo”.

Influenza suina: tutto quello che bisogna sapere sul virus A/H1N1
ottobre 29, 2009di Noemi Azzurro Barbuto
Febbre tifoide, peste bubbonica, colera, tubercolosi, pertosse, ma anche, nel secolo scorso, influenza spagnola (che tra il 1918 e il 1919 uccise 50 milioni di persone nel mondo), influenza asiatica, quella di Hong Kong, HIV, SARS, sono solo alcune delle terribili pandemie che periodicamente colpiscono l’umanità (ogni 20-40 anni).
Se oggi la globalizzazione e la velocità nello spostarsi da una parte all’altra del pianeta rendono più facile rispetto al passato la diffusione rapida di virus altamente pericolosi, è anche vero che l’attuale evoluzione scientifica permette di arginare con maggiore efficacia l’espandersi delle malattie endemiche, nonché di combattere e di tenere sotto controllo i virus stessi che le provocano.
Ma che cos’è una pandemia? Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), devono sussistere tre condizioni fondamentali affinché si possa parlare di “pandemia”: la comparsa di un nuovo agente patogeno, la capacità di tale agente di colpire gli uomini e la sua capacità di diffondersi rapidamente tramite contagio.
La maggior parte delle epidemie sono determinate dalla convivenza degli esseri umani con animali da allevamento. Non fa eccezione l’attuale pandemia del virus H1N1, la cosiddetta “influenza suina”, perché trasmessa da questo animale all’uomo, partita dal Messico ed estesasi in soli due mesi a quasi 80 paesi.
Tuttavia, la colpa non è da imputare agli animali, come è stato fatto in Egitto, dove, nel mese di aprile, il governo ha ordinato l’eliminazione di ben trecentomila maiali come misura preventiva per evitare il diffondersi dell’influenza A/H1N1.
Si tratta in questo caso di rimedi che non differiscono di molto da quelli, rudimentali e dettati dall’ignoranza, adottati nei secoli passati nel vano tentativo di difendersi da altre epidemie.
La colpa è da imputare all’uomo stesso e alla sua tendenza, sempre più spiccata, di aggirare qualsiasi norma scritta e di calpestare ogni legge morale, compreso il rispetto per gli altri esseri viventi, in nome del profitto e dell’interesse economico.
Spesso gli allevamenti intensivi per carne a basso costo sono gli ambienti perfetti per la nascita di nuovi virus, a causa della concentrazione degli animali, trattati alla stregua di prodotti inanimati, in spazi ristretti, condizione che facilita la trasmissione e la miscela di virus. Secondo numerosi scienziati, i casi di virus di origine animale mutati e trasmissibili da uomo a uomo sono dovuti proprio ai metodi di allevamento del bestiame nutrito a base di mangimi animali, nonché all’uso diffuso negli allevamenti di vaccini e di antibiotici. L’influenza suina costituisce attualmente un pericolo per l’umanità, ma forse non esiste pericolo più grave dell’ignoranza.
Per chiarire alcuni dei dubbi più diffusi riguardo a questa pandemia e per capire quali misure le autorità sanitarie sia nazionali che locali hanno adottato in vista di una possibile diffusione del virus H1N1 anche nella nostra città, abbiamo rivolto alcune domande al dott. Sandro Giuffrida, Direttore U.O.C., Asp. Igiene e Sanità pubblica, e coordinatore attività preventive pandemiche influenzali.
Dott. Giuffrida, in Europa aumentano i casi di influenza A/H1N1. Si può parlare di pandemia?
“La pandemia è stata ufficialmente riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e questo riconoscimento è legato all’eccezionale diffusione dell’influenza A/H1N1 in tutte le parti del mondo e non ad una particolare gravità della malattia”.
Sono stati registrati due casi anche a Messina: uno studente di 17 anni ed una donna di 46, quest’ultima deceduta proprio a causa del virus. Si fa più reale la possibilità che il virus arrivi qui, a Reggio Calabria, e si diffonda?
“È probabile che l’influenza stia già circolando a Reggio Calabria come nel resto dell’Italia. Lo dimostrano i casi che si sono annoverati nei mesi scorsi. Ci sono parecchi soggetti affetti da sintomatologia simil-influenzale, per i quali però non è possibile diagnosticare se si tratti di influenza A/H1N1, o dell’influenza classica, o di una patologia determinata da altri virus”.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il vaccino sarà sufficiente solo per la metà della popolazione mondiale. In Calabria quando sarà disponibile?
“La disponibilità del vaccino in Calabria dipende dalla distribuzione dello stesso che sarà effettuata dalla Croce Rossa italiana su indicazione del Ministero della Salute. Non si prevede comunque che esso sia disponibile prima del novembre 2009”.
Potranno vaccinarsi tutti?
“La vaccinazione sarà destinata inizialmente a categorie particolari, indicate dal Ministero della Salute: in una prima fase, al personale sanitario, al personale dei servizi essenziali individuato dalle aziende, alle donne in gravidanza, ai donatori di sangue. Successivamente saranno vaccinati i soggetti giovani con fattori di rischio, e soltanto dopo, se il vaccino sarà ancora a disposizione, tutto il resto della popolazione, secondo un ulteriore ordine prioritario. Se, come pare, sarà possibile effettuare la vaccinazione con una sola dose, ci sarà una disponibilità maggiore di vaccino per la popolazione”.
Il vaccino è gratuito? Qual è la procedura per averlo?
“Il vaccino sarà offerto gratuitamente ai soggetti di cui abbiamo precedentemente parlato. Non potrà essere acquistato in farmacia, perché non sarà distribuito alle farmacie private”.
Quante dosi di vaccino sono previste in Calabria per la prima fase di vaccinazioni?
“Il numero delle dosi dipende dai dati di produzione del vaccino. Si tratta di un numero ancora da stabilire, ma in Calabria arriverà una dose proporzionale alla popolazione, non inferiore proporzionalmente a quella delle altre regioni”.
Saranno i medici di base a fare le vaccinazioni?
“Anche questo non è stato ancora stabilito, ma è possibile che venga richiesta la collaborazione dei medici di base e dei pediatri per alcune categorie di soggetti”.
Quale sarà il compito dei servizi vaccinali delle Asl?
“Ai servizi vaccinali spetta il compito più gravoso, cioè quello di provvedere all’effettuazione di gran parte delle vaccinazioni; alla distribuzione dei vaccini ad altri soggetti, come medici di base, strutture pubbliche e private, nel caso in cui dovessero praticarlo autonomamente; e, ancora, di fornire informazioni adeguate ai cittadini che sono sicuramente disorientati”.
È un vaccino sicuro? Sarà sufficiente una sola somministrazione?
“La sicurezza del vaccino è stata attestata dalle autorità sanitarie nazionali. Sulla efficacia di questo vaccino somministrato con una sola dose è in corso una valutazione”.
Per quanto riguarda gli effetti collaterali?
“Da quello che risulta dagli studi effettuati, gli effetti collaterali sono simili a quelli della vaccinazione stagionale”.
Quali misure sono state predisposte dalla Asl per fronteggiare un’eventuale diffusione del contagio?
“L’azienda sanitaria, in ossequio a quelle che sono le ordinanze inviate dal Ministero della Salute, ha avviato una procedura di sorveglianza relativa ai casi di influenza A/H1N1 e interverrà, qualora dovessero verificarsi picchi epidemici in comunità quali scuole o strutture lavorative, con gli interventi che si riterranno opportuni in conseguenza alle circostanze del caso”.
Sussiste il rischio del collasso dei pronto soccorso. Quando è opportuno recarsi in ospedale?
“Proprio per evitare il collasso dei servizi sanitari, il ricorso al pronto soccorso è opportuno solo in caso di sintomatologia molto grave e previa valutazione del medico di famiglia”.
Lei ritiene che la paura del virus sia giustificata o che si stia facendo un allarmismo esagerato?
“La consapevolezza che l’attuale evoluzione di questa pandemia non ha particolari caratteri di gravità clinica comporta una valutazione tranquillizzante sull’andamento a breve termine della pandemia stessa. In passato si è assistito anche a variazioni della gravità clinica in corso di pandemia. Ma in atto non ci sono elementi che ci facciano pensare che ciò possa avvenire anche adesso”.
Ci sono delle particolari precauzioni da prendere o regole da seguire per evitare il contagio e la diffusione della malattia?
“Il sistema migliore per evitare il contagio è quello di evitare luoghi chiusi ed affollati, allontanarsi da soggetti che abbiano sintomi influenzali; inoltre, lavare spesso ed accuratamente le mani”.
È vero che si ammala gravemente e rischia il decesso soltanto chi, contraendo il virus, ha una salute già precaria?
“I soggetti che versano in condizioni di salute precaria, perché affetti da malattie croniche o debilitanti, sono chiaramente più indifesi rispetto a qualsiasi malattia virale, compreso questo tipo di influenza”.
Come si trasmette l’influenza A/H1N1?
“La trasmissione è per via aerea, attraverso particelle aerodisperse che vengono emesse durante la respirazione e più violentemente durante gli starnuti. Questo materiale può anche depositarsi sulle mani e poi, attraverso queste, essere portato alle mucose del viso”.
Come si distingue l’influenza A dall’influenza stagionale?
“Non si distingue. L’unica possibilità di distinzione è attraverso un accertamento diagnostico virologico che non è routinario e la cui esecuzione è in atto prevista solo per i casi gravi”.
In quale periodo è previsto il picco?
“L’aumento dei casi dovrebbe essere esponenziale e il picco potrebbe manifestarsi nei prossimi mesi. Il periodo preciso dipende dalla capacità dei servizi sanitari di limitare e ritardare la diffusione dell’influenza A/H1N1”.
Un ultimo consiglio che ritiene sia utile fornire ai cittadini.
“In ogni caso è consigliabile alla popolazione di aderire alla campagna vaccinale stagionale che sarà disponibile a breve”.
Dunque, allo stato attuale l’influenza A/H1N1 non deve preoccuparci particolarmente. È importante però osservere le norme igieniche basilari, quelle stesse che dovremmo applicare nella vita di tutti i giorni e non solo in circostanze eccezionali. L’unico rischio che ancora sussiste è quello del trasformismo virale. Nessuno può escludere infatti che il virus H1N1 pandemico, che, così come ha dichiarato l’OMS, non è altro che un mix mai visto prima dei virus dell’aviaria, dell’influenza suina (cioè l’influenza di cui comunemente si ammalano i maiali) e della normale influenza umana, si trasformi, diventando più resistente alle cure applicate adesso per combatterlo.