Archive for the ‘Lavoro’ Category

h1

Nasce il divorce planner, l’organizzatore di divorzi

marzo 27, 2013

408652_149734351844557_1616516578_ndi Noemi Azzurra Barbuto
Organizzare un matrimonio è impegnativo, ma organizzare un divorzio lo è ancora di più. Non si tratta di scegliere il colore dei fiori, lo sfondo dell’invito, il menù del pranzo di nozze o l’abito da sposa; si tratta, invece, di decisioni che determineranno il restante corso della propria esistenza e che ristruttureranno le relazioni di un nucleo familiare che con la separazione non cesserà di esistere, ma solo di stare e vivere insieme.
Ad aiutarci a rendere il giorno del nostro matrimonio davvero indimenticabile ci pensa il wedding planner, figura professionale ormai diffusa anche in Italia, perché, lo sappiamo tutti, pianificare un evento così importante causa molto stress e confusione. Ma se la figura dell’organizzatore di matrimoni risulta così rilevante, in certi casi, indispensabile, lo è ancora di più quella dell’organizzatore di divorzi, ossia del divorce planner. Figura professionale non ancora affermata in Italia, il divorce planner, che può essere sia uomo che donna, ha una formazione vasta e variegata, esperienza nel settore delle separazioni coniugali e forte empatia.
Le separazioni sono in forte aumento anche in Italia (dati Istat) e molte sono le problematiche correlate alla fine di un matrimonio, soprattutto quando ci sono dei figli. Il dolore, la rabbia, il rancore, la delusione, il senso di abbandono, la paura, sono sentimenti che impediscono a chi vive l’evento drammatico della separazione di affrontare le varie situazioni che si presentano con la lucidità e la lungimiranza necessarie.
Ecco che viene in soccorso il divorce planner, un sostegno, un consigliere fidato e riservato, un aiuto concreto e pratico. Il divorce planner, affiliato ad un’agenzia, ha a disposizione una rete di professionisti fidati con i quali ha stretto rapporti di collaborazione professionale: avvocati, mediatori familiari, psicologi, terapisti di coppia, sessuologi, chirurghi plastici, nutrizionisti, ma anche agopuntori, consulenti d’immagine, parrucchieri. Il divorce planner, in base alle esigenze del cliente, indirizza quest’ultimo verso i professionisti che farebbero al caso suo e ai quali può rivolgersi usufruendo di tariffe scontate e davvero molto convenienti.
In questo modo ci si separa risparmiando tempo, denaro e fatica. Anzi, separarsi può diventare persino piacevole e divertente, certamente non quel calvario infinito che molti vivono con lunghe attese in tribunale, udienze, soldi spesi in faccende legali, solitudine.
Nella mia agenzia di mediazione nella separazione, “Separati Sì Disperati No”, sono numerose le coppie che hanno potuto separarsi consensualmente risparmiando tantissimi soldi e ritrovando serenità e benessere, affidandosi a me nel mio ruolo di mediatrice familiare (oltre che divorce planner) per la stesura di un accordo di separazione soddisfacente per entrambi i coniugi. In seguito io ho girato di volta in volta l’accordo raggiunto in mediazione e stabilito dalle parti in piena autonomia all’avvocato, che lo ha tradotto in termini legali e portato in tribunale per l’omologazione (da questa data la coppia è separata legalmente).
Ma nella mia agenzia ho accolto e accolgo ogni giorno anche coppie in crisi che non vogliono separarsi ma provare a recuperare il loro rapporto. In questi casi, le affido alla terapista di coppia. Numerosi sono i coniugi che hanno risolto i loro conflitti attraverso il percorso con il terapista. E poi ancora donne e uomini, giovanissimi e meno giovani, che non hanno superato la fine di un amore e che cercano un sostegno psicologico o che hanno solo bisogno di essere ascoltati; donne e uomini che desiderano ricominciare una nuova vita, cambiare look, stare meglio nella loro pelle, anche affidandosi al dietologo o al chirurgo estetico; persone in cerca di un partner compatibile.
Questo è il mio lavoro di divorce planner: rispondere a quella richiesta di amore e di ascolto che viene dal mondo, dalla gente, andare oltre le parole e l’apparenza, comprendere, tendere una mano, rassicurare, mostrare nuove prospettive ed il lato positivo che c’è sempre, anche in un evento doloroso come la separazione, che non è l fine, ma un nuovo e promettente inizio. Dipende tutto da noi stessi.E come dico sempre ai miei clienti: “Il modo in cui ti separi determina il tuo futuro e quello dei tuoi figli. Rendilo il più facile possibile”.Se desideri diventare divorce planner, essere formato ed affiliarti al mio marchio e alla mia agenzia “Separati Sì Disperati No”, contattami via mail: azzurranoemi@hotmail.it

h1

Noi figli della crisi più nera della storia

novembre 22, 2011

di Noemi Azzurra Barbuto

Da piccoli giocavamo con il crystal ball, collezionavamo le figurine di “L’amore è”, guardavamo in tv Bim Bum Bam, Sailor Moon e Lady Oscar, indossavamo le timberland, e sognavamo il nostro brillante futuro.

Poi siamo cresciuti e abbiamo capito che niente è facile, che tutto richiede impegno e sacrificio. Abbiamo studiato duramente, per costruirci un futuro migliore, contando sul fatto che bastasse questo perché certi problemi non ci toccassero.

Già a scuola ci parlavano di disoccupazione. Ne avevamo sentito parlare insieme alla “Questione meridionale”. Le maestre ed i professori ci dicevano che i giovani andavano via da qui, dal sud, perché qui non c’era lavoro. E noi pensavamo che per noi sarebbe stato tutto diverso. Sì, il problema si sarebbe risolto, si sarebbe estinto con gli anni, e quando adulti ci saremmo inseriti nel contesto lavorativo, sarebbe stato facile, ci sarebbe stato lavoro in abbondanza, non avremmo dovuto scappare via, maledicendo la nostra terra traditrice.

E poi siamo cresciuti. Noi, generazione sfortunata, svantaggiata, osteggiata perché non lavora, noi, con tanta voglia di farlo, con tanta frustazione, con tanta rabbia, noi, indignatos, chiamati “bamboccioni” da chi un lavoro ce l’ha e anche buono. Ci considerano passivi, inermi, privi di fantasia, incapaci di costruirsi una carriera, di inventarsi un lavoro, di fronteggiare la crisi. Ci considerano persino privi di voglia di lavorare.

Ci dicono: “Il lavoro c’è, se uno lo vuole”. E dove? Diteci dove. Così noi andremo a prenderlo, noi a cui non basta più emigrare per un salario, noi figli del precariato, del lavoro nero, dell’instabilità, dell’ “oggi, per fortuna, lavoro; domani non so”. Noi figli della crisi nera, che più nera non si può.

Noi vorremmo andare via dalla casa di mamma e papà, alcuni di noi non ci stanno più bene, altri non ci sono mai stati bene ed ancora, purtroppo, non possono lasciarla, con tutti i problemi che ne conseguono. Noi vorremmo sposarci. Vorremmo costruirci una famiglia. Noi vorremmo vivere da soli. Noi vorremmo arrivare distrutti a fine giornata per il duro lavoro. Noi vorremmo fare la spesa. Noi vorremmo comprarci il pane. Noi vorremmo finalmente diventare adulti, ma stiamo soltanto diventando vecchi. Delusi, disillusi, stanchi.

Noi lottiamo per andare via dalla casa di mamma e papà, alcuni di noi non ci stanno più bene, altri non ci sono stati bene mai, e lottano ancora più forte. Noi lottiamo per sposarci. Noi lottiamo per costruirci una famiglia. Noi lottiamo per poter vivere da soli. Noi lottiamo per arrivare distutti a fine giornata per il duro lavoro. Noi lottiamo per poter fare la spesa. Noi lottiamo per comprarci il pane. Noi lottiamo per diventare finalmente adulti. Noi lottiamo per un posto di lavoro. Ma sembra tutto inutile.

E cosa sarà di noi domani? Ora non guardiamo più al futuro con la certezza che tutto si risolverà, perché tutto è peggiorato, e noi abbiamo imparato la lezione: “Mai illudersi, mai sperare, mai sognare in questo mondo che ha troppo bisogno di fantasia”.

E anche se dalla crisi usciremo, quali prospettive si apriranno per noi che siamo diventati vecchi giovani senza esperienza, senza curriculum, ma con tanto studio sulle spalle? Ci saranno altri giovani che vorranno diventare adulti. Giovani più fortunati di noi.

Non vediamo futuro. Non vediamo spazio per noi nel mondo.

Abbiamo perso tutto. Abbiamo perso la speranza.

h1

Mobbing, la Provincia di Reggio Calabria crea il comitato paritetico

ottobre 22, 2009

mobbing

di Noemi Azzurra Barbuto

Più spesso di quanto si creda, il luogo di lavoro può trasformarsi in un inferno, a causa soprattutto della competizione e dei rapporti di potere che lo caratterizzano, in cui il lavoratore può subire, da parte del datore di lavoro o dei colleghi stessi, ogni tipo di comportamenti violenti, come abusi psicologici, umiliazioni, emarginazione, vessazioni, maldicenze, che, con il passare del tempo, possono produrre gravi danni alla sua salute psico-fisica. Tutti questi comportamenti vengono indicati con il termine “mobbing”.
La Giunta Provinciale, in attuazione dell’art. 8 del CCNL 24 gennaio 2004, con proprie deliberazioni, ha di recente proceduto rispettivamente all’adeguamento del Regolamento di Organizzazione ed attività del Comitato Paritetico sul Fenomeno del Mobbing ed alla costituzione del Comitato medesimo insediatosi il 5 giugno scorso.
Il Comitato, che si è riunito questa mattina presso la biblioteca del Palazzo della Provincia e che è composto da Maria Francesca Occhiuto, presidente del comitato e dirigente Settore Organizzazione e Gestione giuridica ed economica delle Risorse umane, da Antonia Lanucara, presidente Commissione Regionale per le Pari Opportunità, e da Vincenzo Mileto, Anna Condemi, Rocco Cagliostro, Francesco Mesiti, Giuseppe Amante e Antonello Laganà, si colloca in un ambito preliminare e preventivo di indagine, di verifica e di proposizione di azioni positive per favorire la coesione sociale ed incentivare il recupero delle motivazioni e dell’affezione all’ambiente di lavoro da arte di tutti i dipendenti, si propone, inoltre, di prevenire e contrastare il fenomeno del mobbing.
«Un fenomeno – ha affermato il presidente Occhiuto – che non incide unicamente sulla salute fisica e mentale del lavoratore mobbizzato, ma mina anche la sua efficienza lavorativa, provocando ricadute sulla produttività dell’ente e, di conseguenza, sull’utenza».
«Un serpente terribile che ha mille teste», così Lanucara ha definito il mobbing, riferendosi in modo particolare ai tanti e spesso sottili modi in cui si realizza e il fatto che non riguarda soltanto le donne, ma anche gli uomini, dal momento che lo subiscono proprio i lavoratori più sensibili, più intelligenti e responsabili, a prescindere dal sesso.
In Italia non esiste ancora una legge in materia di mobbing, nonostante siano stati elaborati numerosi disegni di legge; di conseguenza, il fenomeno non costituisce reato a sé stante.
La creazione di questo comitato rappresenta una novità importante per la provincia di Reggio Calabria, che da ora in avanti sarà dotata di un organo che si propone, innanzitutto, di entrare in relazione con i lavoratori, attivando la comunicazione, che rappresenta la prevenzione migliore di tutti i mali sociali.