di Noemi Azzurra Barbuto
Lo sviluppo economico ed anche culturale di una regione è da sempre strettamente connesso alla presenza di vie di comunicazione e di trasporto efficienti, tali cioè da consentire degli scambi di ogni tipo con le regioni limitrofe nonché facili spostamenti.
Una società di questo tipo è “aperta”, ossia ricettiva, capace di espandersi, di fare uscire e di accogliere. Invece, una società “chiusa” è quella che resta accartocciata su se stessa, statica, incapace di confrontarsi e quindi di crescere e migliorare.
Forse si potrebbe raccontare un intero popolo analizzando le sue vie di comunicazione, le sue strade, i suoi porti.
Se ciò fosse possibile, della Calabria si potrebbe dire che il suo mancato sviluppo dipenda proprio dalla carenza di strade interne e dalla loro parziale o mai realizzata modernizzazione, e, soprattutto, dall’incompiutezza della famosa autostrada Salerno-Reggio Calabria, che, entrati in Calabria, altro non è che un cantiere a cielo aperto, attraversato ogni giorno da migliaia di automobilisti e camionisti, incolonnati tutti su una sola corsia, che si sposta ora a destra e ora a sinistra.
Uno vero e proprio slalom fino a Reggio Calabria. Ed ogni volta che lo percorro, trovandomi spesso imprigionata in lunghe code in mezzo al nulla, non posso fare a meno di riflettere sul fatto che la difficoltà snervante che il turista incontrarebbe nel raggiungere la Calabria come meta delle sue vacanze non può non costituire un fortissimo disincentivo.
A questo si aggiungono altri deterrenti: la mancanza di strutture, di negozi, di servizi pensati proprio per i turisti.
Ecco che un luogo che per vocazione sarebbe meta ideale delle vacanze per il suo mare, per la sua natura, per i suoi colori, per la sua cucina, per il suo clima, per la sua storia, non essendo valorizzato nelle sue potenzialità, diventa località turistica di pochi, di solito famiglie trapiantate al nord che tornano giù per l’estate.
Numerosi sono i villaggi turistici nell’area di Nicotera, Tropea, Capo Vaticano. Zone meravigliose. Ma, uscito fuori dal villaggio, il turista trova ben poco o nulla, esattamente come accade a chi và in vacanza in un villaggio italiano ad Agadir, in Marocco.
Mancano persino i cartelli stradali, le indicazioni. Facile perdersi in questa Calabria ancora selvaggia. Così alle lunghe code in autostrada si aggiunge il tempo perso in cerca della stradina giusta per arrivare in un determinato paese. Compito davvero arduo nella zona del vibonese dove la segnaletica è pressoché inesistente. A me è capitato più volte di perdermi in quell’area che và da Rosarno a Pizzo Calabro e che comprende numerosi paesini. Si orienta bene solo chi è del posto in quel dedalo di strade tra i campi che scendono giù fino al mare.
L’impressione è quella di essere dentro un intricato labirinto. Si tenta una via, sperando che sia quella gista, poi si torna indietro. La visione di un cartello stradale sembra un miraggio. E ci si domanda perché nessuno provveda a far mettere delle indicazioni. Perché nessuno ne parla? Perché nessuno si lamenta di questo stato di degrado imperituro? Si orientano sono gli indigeni, e forse questo basta.
Sembra ormai normale che sia tutto così. Ci si stupirebbe piuttosto se non lo fosse. Che senso di smarrimento proveremmo se domani trovassimo su quelle strade delle indicazioni a spingerci sulla retta via? Forse avremmo perso tutta la magia del viaggio, quel senso di avventura, e la Calabria forse sarebbe un pochino meno selvaggia, perdendo parte del suo misterioso fascino.