Posts Tagged ‘‘ndrangheta’

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“Spada locale” o “Pistola locale”?: scempio sull’immagine di Giuseppe Sorgonà

giugno 23, 2011

di Noemi Azzurra Barbuto

Quando ci si abitua alla brutalità e alla violenza, accade che il segno che queste lasciano è sempre più superficiale, e molto facilmente si può dimenticare. Le ferite inferte su una pelle indurita dalle botte della vita quasi non sanguinano più.

No, non fa più effetto qui la morte. Quella morte che guidando una motocicletta si accosta al finestrino e ti fa fuori. Pum. E la vita finisce.

Ma la vita continua. E le vite che scorrono frenetiche cancellano il sangue sull’asfalto, i passi affrettati della gente ogni mattina consumano le strade, i marciapiedi, le macchine passano distratte, mentre vanno da qualche parte. Nessuno si accorge che lì, ai lembi di quella via trafficata, qualcuno è stato ucciso. Nessuno se ne ricorda già più. Un mazzo di fiori freschi, posati con dolore e con amore, non basta a rinverdire la memoria dei passanti che vogliono solo dimenticare ed andare avanti intenti a vivere, né la foto di un ragazzo sorridente. Tutto fa parte dell’abitudine. Niente sconvolge.

È passata troppa vita sulla morte. Per questo non stupisce più che un ragazzo sia stato crivellato su quella via, né che su quel lampione, sopra quella foto e quei fiori, ogni mattina qualcuno privo di sensibilità esibisca un grande cartellone con una rudimentale scritta: “Spada locale euro 20.00”. E, come se questo non bastasse, accanto al lampione la testa sanguinante di un pescespada che infilza un altro cartello recante la medesima indicazione.

Sembra quasi una beffa crudele e cinica.

È questo il peggiore simbolo dell’assuefazione alla violenza, cruda testimonianza della mancanza di rispetto verso chi troppo precocemente è caduto per mano e per scelta di qualcuno che non è Dio.

Altra vita scorrerà su questa morte, su quella strada, accanto a quel lampione. Tutto sarà diverso: le macchine, le stagioni, i fiori, il pesce. Il mondo continuerà ad andare a rotoli. La gente continuerà a dimenticare. Noi invecchieremo. Ciò che resterà immutabile per tutta la vita sarà il sorriso di Giuseppe Sorgonà, un ragazzo di appena 25 anni, sparato un pomeriggio di gennaio del 2011 in via De Nava a Reggio Calabria, mentre, uscito da poco dal lavoro, tornava a casa in macchina con accanto il suo bambino di un anno e mezzo.

Ed ogni volta che i suoi assassini passeranno da quella strada dovranno guardarlo quel sorriso. Il sorriso di chi hanno ucciso. La vita che scorre cancella il sangue sull’asfalto, a volte persino il ricordo, ma non potrà mai pulire le loro mani.

 

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Giuseppe Sorgonà. Si muore anche così a Reggio Calabria

gennaio 8, 2011

di Noemi Azzurra Barbuto

8 Gennaio 2011, uno dei primi giorni di quest’anno che già non si annuncia diverso dagli altri qui, a Reggio Calabria. C’è il sole oggi. Brilla. Il cielo è azzurro, senza macchie. Il sangue non schizza mai fino a lì. Cade a terra. Fa quasi caldo, oggi.

L’avete mai provata voi quella sensazione di leggerezza uscendo di casa la mattina di un giorno di sole in pieno inverno? In più oggi è sabato. Stasera questa città promette tanti divertimenti. E’ vivace Reggio Calabria. Forse non dorme mai. C’è sempre qualcuno che osserva, che sorveglia, che resta nell’ombra, in silenzio, come se sapesse tutto.  E chi sa tutto comanda, decide. Decide anche chi muore, chi vive, chi paga, chi crescerà senza un padre, chi resterà vedova, chi piangerà suo figlio.

E anche stasera il corso Garibaldi sarà gremito di gente che non va da nessuna parte, mentre va avanti e poi indietro dentro questa bolla, illudendosi che il mondo sia tutto qui, tra un bar e una stazione. Qui l’aria a volte è soffocante ed il cielo è troppo lontano. No, il sangue schizza ma non arriva fino a lì. E neanche le lacrime.

Qui si muore. Si cade vittime di una guerra che non è mai iniziata e non è mai finita. Il nemico si mescola, fa parte di noi, è tra noi. E’ una guerra strana questa. Muori, e non sai perché.

Vivono così i reggini. Tranquilli. Con il cuore colmo di paura. Anche oggi. Soprattutto oggi che un ragazzo di 25 anni non potrà uscire di casa con il cuore leggero, non potrà godere di questo sole, perché qualcuno, che non è Dio, ha deciso che doveva morire.

Sì, è ineluttabile la morte. Lo sappiamo tutti. Eppure non si può accettare. Arriva così, su una moto, protetta da un casco. Arriva in centro città. E ti spara.

E se ne frega se c’è gente, se ne frega che è in pieno centro, che c’è un bambino accanto a te, se ne fraga di tutto. E’ spavalda la morte. E più hai paura più lei è spavalda. Ti spara in faccia. Sputa in faccia a tutti, e poi ride. Ammazza e dice: “Qui comando io. Io sono più forte di Dio, dovete saperlo tutti”.

Si muore anche così a Reggio Calabria, come se in questo angolo di Terra non vigesse la giurisdizione di Dio. Zona franca. Si muore per strada. E la rabbia fa bollire il sangue mentre ti chiedi: “Perché oggi c’è il sole se Giuseppe è stato ucciso?”. Il sole non dovrebbe sorgere su questa ingiustizia. E come può un uomo togliere la vita ad un altro uomo e poi dormire, e poi svegliarsi in un giorno di sole in pieno inverno?

E perché Dio lo permette?

Oggi si aprono vecchie ferite e nuove ferite. E fanno troppo male.

Nessuno sente, nessuno vede. Nessuno sa. Il sole splende, illumina giusti ed ingiusti, buoni e cattivi. La vita scorre come sempre, mentre il silenzio si fa più profondo, si allarga e ci inghiottisce tutti. Troppo difficile uscire da questa gabbia, ci si ritrova sempre qui. Pochi ce la fanno. Intanto questo silenzio urla, e piange, perché nessun uomo può morire così.

Si dicono tante cose su questa città. Si dice che Reggio Calabria non è più come una volta. Oggi ci sono tanti locali per i giovani, un bel lungomare curato, i ragazzi non si accoltellano più il sabato sera in discoteca solo per sfogare la noia, è tutto più sicuro, più pulito, più moderno, più evoluto.

Oggi Reggio è città metropolitana, posta al centro del mediterraneo, crocevia di popoli e di culture. Ma, finché la gente avrà paura, finché un uomo potrà morire per strada per mano di un altro uomo, sebbene il sole continuerà a splendere e a riscaldarla, Reggio Calabria non avrà futuro.

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La lotta alla mafia tra associazionismo ed istituzioni

Maggio 14, 2010

di Noemi Azzurra Barbuto

Discutere di mafia, ma soprattutto di antimafia. È stato questo l’obiettivo del convegno promosso dal Comitato Interprovinciale per il Diritto alla Sicurezza (Cids), tenutosi ieri mattina all’interno di palazzo San Giorgio a Reggio Calabria.

Un’occasione per riflettere insieme sui numerosi problemi che affliggono il Mezzogiorno, in particolare la Calabria, la regione con la più alta densità mafiosa in Europa. Ed è proprio la criminalità organizzata la matrice comune di tutte le problematiche sociali ed economiche locali, dalla disoccupazione alla corruzione.

Prendendo le mosse dal vergognoso applauso al boss Giovanni Tegano davanti alla questura reggina al momento del suo arresto, nonché dalla reazione di indignazione che questo gesto ha suscitato, Demetrio Costantino, presidente del Cids, ha elencato gli interventi più urgenti nell’ambito della lotta alla criminalità organizzata.

Migliorare la legislazione riguardante la certezza della pena; bloccare l’iter del disegno di legge “svuota carceri”, che avrebbe conseguenze pericolose in termini di sicurezza; adottare delle misure adeguate per l’utilizzo intelligente dei beni acquisiti illecitamente e confiscati; aumentare le risorse del Fondo di solidarietà destinato ai familiari delle vittime. Sono questi solo alcuni degli strumenti che, secondo Costantino, contribuirebbero a rendere più penetrante l’azione di contrasto alla criminalità mafiosa.

Repressione che non può fare a meno della prevenzione, che deve avere il contributo da parte di tutta la società civile, come ha sottolineato anche Enzo Pisano, che ritiene che «la lotta alla mafia avrà successo a condizione che sia democratica», ossia partecipata.

«Le associazioni non bastano», ha continuato Pisano. Fondamentale il ruolo dei giovani affinché si realizzi quello «sforzo di verità» che, secondo Francesco Toscano, vicepresidente Cids, «deve portare ad una nuova classe politica, che non si porti dietro il puzzo del ricatto morale».

A questo proposito, Costantino ha sollecitato la Commissione parlamentare antimafia, che, in relazione al connubio mafia-politica, ha reso noto che alle elezioni regionali in Calabria i candidati fuori dal codice etico erano 28 e ben 18 eletti, a fornire «maggiori elementi per non sospettare e generalizzare su tutti».

Molta sensibilità è stata mostrata nei confronti dei familiari delle vittime, che spesso subiscono disattenzione e trattamenti ineguali. «Ci vuole sobrietà per non accrescere la disperazione dei familiari lasciati nel silenzio», ha affermato il presidente del Cids.

Ma, nella lotta alla criminalità, «la priorità assoluta è l’educazione alla legalità», al fine di creare un clima di fiducia nonché un rapporto diretto tra istituzioni e cittadini.

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Le Giornate della Gerbera Gialla per ricordare le vittime di mafia

Maggio 5, 2010

di Noemi Azzurra Barbuto

Segnano un tragitto in tappe le Giornate della Gerbera Gialla 2010, organizzate dall’associazione Riferimenti, impegnata dal 1995 nella diffusione di una cultura antimafia, con l’adesione del Presidente della Repubblica. È il percorso della memoria, presentato ieri mattina nel Salone dei Lampadari di Palazzo San Giorgio e tracciato affinché venga perpetuato il ricordo di tutte le vittime di mafia uccise nel mese di maggio, tra queste Gennaro Musella, padre di Adriana Musella, presidente del Coordinamento antimafia Riferimenti, scomparso il 3 maggio del 1982.

E parte proprio lunedì 3 maggio dalla città di Reggio Calabria, concludendosi venerdì 28 a Peschiera del Garda, l’iter, giunto quest’anno alla diciottesima edizione, che coinvolgerà diverse regioni italiane (Calabria, Sicilia, Campania, Lazio, Veneto e Toscana), e numerose delegazioni di studenti.

In prima linea, accanto ai ragazzi, la Polizia, L’Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza e la Marina militare. Quest’ultima ha messo a disposizione un’unità navale, che nella mattina del 3 ormeggerà a largo, in direzione dell’arena dello stretto, e che nel pomeriggio sarà visitabile dal pubblico nel porto di Reggio Calabria, prima di partire, la mattina seguente, verso Vibo Valentia, seconda tappa del percorso.

Il percorso si aprirà di mattina con un corteo che partirà da Piazza Italia e al quale prenderanno parte gli studenti delle cinque provincie calabresi. Per concludere in modo grandioso la prima giornata, si terrà, nel Salone dei Lampadari di Palazzo San Giorgio, alle ore 18, una conferenza dal titolo “’Ndrangheta”, che vedrà la partecipazione del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso.

Al fine di preparare i giovani a questo importante incontro, stamattina, sempre a Palazzo San Giorgio, gli studenti reggini avranno modo di confrontarsi con il procuratore capo della Procura della Repubblica di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone.

Un’altra tappa cruciale del percorso è quella di Ravello di sabato 8 maggio, quando verranno consegnati i premi Gerbera Gialla, come ha anticipato Musella, al ministro Roberto Maroni e al questore reggino Carmelo Casabona, per il loro impegno nella lotta contro la criminalità organizzata.

Nel corso della conferenza di ieri mattina, Musella, il vicesindaco reggino Giuseppe Raffa e l’assessore provinciale alla Pubblica Istruzione di Vibo Valentia Maria Salvia hanno mostrato la loro indignazione per l’applauso a Tegano davanti alla questura subito dopo il suo arresto.

Un gesto che, tuttavia, non ha meravigliato Musella, dal momento che, come lei stessa ha affermato, «l’applauso proveniva da amici e parenti del boss». Ma «un applauso non vuol dire che una città sia mafiosa», ha continuato la presidente, aggiungendo che «il 3 maggio ne avremo la prova», grazie all’adesione al corteo di tantissimi ragazzi che rappresentano la speranza per questa terra.

Parole confermate anche da Raffa, che ritiene che «la città si riconosce in chi combatte la ‘ndrangheta ed in chi si ribella alla cultura mafiosa».

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Al via con il colonnello Angelosanto i progetti didattico culturali di Riferimenti

ottobre 30, 2009

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di Noemi Azzurra Barbuto

È un piccolo appartamento confiscato alla criminalità organizzata e poi concesso dal nostro comune per l’utilizzo a fini sociali quale sede dell’organizzazione di volontariato “Riferimenti”. Ed è qui in via XXV Luglio, nella zona nord della città di Reggio Calabria, che si sono incontrati il presidente dell’associazione “Riferimenti”, Adriana Musella, e il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Pasquale Angelosanto, accompagnato dal comandante della Compagnia cittadina, capitano Nicola De Tullio, alla presenza di tutti gli studenti dell’ultimo anno della scuola media statale “Galileo Galilei”.

Un’occasione per scoprire nella sede nazionale dell’organizzazione, che è presente su buona parte del territorio italiano, la targa dedicata all’ingegnere salernitano Gennaro Musella, padre di Adriana, ucciso dalla mafia il 3 maggio del 1982; ma anche per ricordare tutte le vittime della violenza criminale attraverso il simbolo della gerbera gialla, un fiore che rappresenta il dolore dei lutti ma, nello stesso tempo, la rinascita della speranza di creare nuove etiche collettive.

E portano il nome di “Gerbera Gialla” i progetti didattico-culturali di Riferimenti, di cui l’incontro di oggi con la scuola media non è che una felice partenza. Musella infatti spiega che altre scuole della città, a rotazione, parteciperanno a questi appuntamenti educativi, perché, «per contrastare la criminalità organizzata, non basta – afferma la Musella – l’opera della magistratura e delle forze dell’ordine, c’è bisogno di qualcosa di più grande, bisogna creare una cultura della legalità».

«La via sono i ragazzi», ne è convinta Musella, che racconta di come, fino a pochi anni fa, venisse negata da tutti persino l’esistenza della mafia. Molte cose sono cambiate da allora, ma molte ancora restano da realizzarsi. «Non è frequente questo tipo di contatto con gli alunni delle scuole, ma è qualcosa di molto positivo, perché è da voi che dipende il futuro», queste le parole di Angelosanto ai ragazzi, che hanno dimostrato molta curiosità riguardo ai metodi di indagine e alle attività dell’Arma dei Carabinieri. Numerosi sono stati i temi affrontati, dal traffico internazionale di sostanze stupefacenti all’usura, dal riciclaggio di denaro sporco al gioco d’azzardo.

Il comandante provinciale ha spiegato anche perché la ‘ndrangheta sia più potente rispetto alle altre organizzazioni criminali, ossia a causa della sua struttura familiare, che, legando con il sangue tutti i suoi affiliati, la rende inattaccabile, dal momento che rinnegarne l’appartenenza equivarrebbe a tradire il padre, o il fratello, o lo zio.

«Le forze di polizia non possono superare queste difficoltà – ha affermato Angelosanto – serve la collaborazione da parte di tutti i cittadini». Ecco perché ad un ragazzo che chiede un consiglio da dare ai cittadini Angelosanto risponde: «Denunciate sempre tutte le prevaricazioni di cui restate vittime. Fatelo senza timore, perché, se tutti facciamo la nostra parte, il risultato sarà positivo».