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Il Festival della poesia dialettale per mantenere vive le nostre radici

gennaio 13, 2010

di Noemi Azzurra Barbuto

Linguaggio delle radici ed autentica letteratura, il dialetto, da lingua dimenticata, rivive oggi più che mai nella poesia, tanto da diventare protagonista indiscusso di un festival, quello di poesia dialettale calabrese, intitolato in questa seconda edizione al poeta Giuseppe Morabito e conclusosi con la cerimonia di premiazione ieri pomeriggio nell’Università della Terza Età di via Willermin.

Il concorso, organizzato dal Centro Internazionale Scrittori della Calabria (C.I.S.), con il patrocinio dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione della Provincia di Reggio Calabria, ha registrato quest’anno un’ampia partecipazione, persino da parte di poeti di origine calabrese che si trovano attualmente fuori regione.

Non è stato facile per la giuria, composta da illustri personaggi della realtà culturale locale e presieduta dalla scrittrice Francesca Neri, scegliere i primi vincitori, Gaetano Verduci per la sezione A (poesia inedita) e Antonio Zurzolo per la sezione B (poesia edita), ai quali oltre alle targhe è stato assegnato un premio di 500,00 euro ciascuno. Nel corso della serata sono stati consegnati anche altri premi: quello alla carriera al poeta Franco Blefari, e quello alla cultura a Stefano Iorfida, presidente dell’associazione culturale Anassilaos. Inoltre, un premio al Blu Sky Cabaret per il trentaseiesimo anno dalla fondazione e al suo presidente, Mimmo Raffa, per l’avere contribuito attraverso il teatro alla sopravvivenza del nostro dialetto; ed uno all’Università della Terza Età per il venticinquesimo anno dalla fondazione.

La premiazione è stata arricchita da un momento artistico, con l’esposizione delle opere dello scultore Filippo Pizzimenti, e da uno musicale, con l’intervento dei maestri Flora Ferrara e Adolfo Zagari. Scopo dell’iniziativa, come ha spiegato Lorely Rosita Borruto, presidente C.I.S. Della Calabria, è quello di «mantenere viva la memoria della nostra regione».

Sembra quasi una sorta di reazione, spontanea eppure dovuta, ai meccanismi innescati dal processo di globalizzazione, che tende sempre più ad annullare i piccoli usi locali e le singole identità. Infatti, «il recupero del dialetto nella letteratura -come ha spiegato Maria Festa, scrittrice e componente della giuria- si accompagna ad un bisogno di ritorno alle radici». «Dobbiamo recuperare la lingua dialettale -ha dichiarato Ercole Nucera, assessore provinciale alla Pubblica Istruzione- per resistere al cambiamento in atto nella società che cancella la nostra tradizione».

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Il rito arbitrale ed i suoi vantaggi

dicembre 1, 2009

di Noemi Azzurra Barbuto

Per incidere efficacemente sul problema, particolarmente grave in Italia, della eccessiva durata dei processi, è possibile ricorrere al rito arbitrale, che costituisce un metodo moderno ed efficace di risoluzione delle controversie, alternativo alla via giudiziaria.

E’ stato questo il tema affrontato ieri pomeriggio dagli studenti del liceo classico “T. Campanella”, in occasione del primo dei cinque appuntamenti che si inseriscono nell’ambito del progetto annuale “Costituzioni a confronto”, promosso dalle docenti Liliana Veneziano, Filippa Quattrone, Francesca e Mattia Maria Neri.

L’obiettivo del progetto è quello “di avvicinare i ragazzi al mondo politico-istituzionale e di approfondire lo studio della nostra costituzione – ha spiegato la preside Maria Quattroneanche attraverso il confronto con le costituzioni degli altri Paesi europei“.

Nel corso del primo incontro i ragazzi hanno partecipato ad una simulazione del rito arbitrale a scopo didattico, guidati dal professore, nonché coordinatore scientifico della Corte Arbitrale Europea, Luciano Delfino, dagli avvocati Giuseppe Lombardo ed Alfredo Foti, e dalla coordinatrice Duilia Delfino.

I principali vantaggi del rito arbitrale, che può avere ad oggetto esclusivamente i diritti disponibili (come quelli patrimoniali), rispetto al processo civile italiano, come ha spiegato Delfino, sono la riduzione notevole dei tempi necessari per la risoluzione della controversia e l’abbassamento dei costi delle procedure.

La crisi della giustizia è evidente – ha affermato il professore, ricordando che l’Italia è stata più volte condannata dalla Corte di Giustizia europea per la lunghezza dei processi – i ritardi endemici, che superano la ragionevole durata del processo, nonché la farraginosità di tutto il sistema, rendono necessario un sistema alternativo alla giustizia statale per arrivare alla soluzione dei problemi”.

Delfino, che ritiene che le riforme che il governo sta portando avanti, nonostante gli sforzi, produrranno scarsi risultati, ha puntualizzato che, per poter ricorrere al rito arbitrale, è necessario sia che entrambe le parti siano preventivamente d’accordo a fare ricorso a questo tipo di giurisdizione sia che dichiarino di accettare il regolamento e le clausole della Corte Arbitrale Europea.

L’arbitro unico e specializzato, chiamato a pronunciarsi entro nove mesi, non emetterà la sentenza, bensì il lodo, impugnabile davanti al tribunale di primo grado.

La velocità del rito arbitrale non costituisce un pericolo nella tutela dei diritti, piuttosto una sua ulteriore garanzia, dato che, come sostiene Delfino, “una giustizia ritardata è sempre una cattiva giustizia“.