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“La perpetua covata”: un racconto dal sud dei sud del mondo

settembre 30, 2009

di Noemi Azzurra Barbuto

perpetua_covata_homeÈ stato presentato questo pomeriggio, presso la sala conferenze del Palazzo della Provincia di Reggio Calabria, il libro La perpetua covata, di Andrea Borgia, scrittore, giornalista ed esperto di comunicazione, edito dalla giovane casa editrice calabrese Kaleidon.

Un evento importante, al quale hanno preso parte personalità di spicco del mondo della cultura e dell’informazione, tra cui Dante Maffia, illustre scrittore, il quale ha curato la prefazione del libro; l’assessore provinciale alla cultura Santo Giuffrè; il direttore responsabile della casa editrice Filippo Arillotta; Pasquino Crupi, storico della letteratura e critico. Ha introdotto e coordinato i lavori il giornalista Massimo Calabrò.

Tutti loro hanno posto l’accento sulla necessità e sull’importanza di promuovere oggi, nel panorama letterario italiano, che risulta più asservito alle regole del mercato che attento a salvaguardare la qualità delle opere pubblicate e a premiare quelle che forse meriterebbero un riconoscimento non solo in virtù dello stile, del pregio stilistico, del loro alto livello culturale, ma anche e soprattutto del messaggio sociale che trasmettono e che pongono all’attenzione dei lettori.

La casa editrice Kaleidon ha operato una scelta di fondo, quella di divulgare le opere nelle quali crede più per il loro valore culturale che per matematiche ragioni di mercato, puntando quindi sulla qualità, in controtendenza rispetto alla logica del profitto che ormai ha contaminato e domina anche il mondo della cultura e che ci impoverisce a livello umano.

In particolare, la nuova collana, “La Calabria nel cuore”, di cui il libro di Andrea Borgia costituisce il primo prodotto, ha l’obiettivo di recuperare e di divulgare il vivo della Calabria, “cercando di ristabilire – come ha affermato Arillotta – quel cordone ombelicale con i calabresi che sono andati via, creando un tramite tra noi, che siamo rimasti, e loro. Ogni anno siamo come un organismo in emorragia, perdiamo un sangue che va ad arricchire altre parti dell’Europa e del mondo. Per noi questa collana è una scommessa e questo libro un ottimo inizio”.

“La covata perpetua” è ambientato nel Messico rivoluzionario degli anni ’20 ed è la storia di Alfonso e Isela, un prete ed una perpetua, tra i quali si crea uno strano rapporto, nel quale l’uno cerca di essere l’altro dell’altro. Il tema è quello del doppio. L’ambiguità si legge già nel titolo, che può avere valore sia di sostantivo che di aggettivo. I due personaggi sono alla ricerca di una propria identità, quella che hanno perduto o che ancora devono scoprire. Nonostante l’ambientazione lontana nel tempo e nello spazio, si tratta di una storia attuale, dal momento che, come afferma lo stesso autore, “la ricerca dell’identità è qualcosa di atemporalizzato e può avvenire in qualsiasi realtà, anche in un microcosmo, come quello in cui vivono i personaggi del romanzo, che si estraniano dagli eventi storici che colpiscono il Messico, essi non ne sono toccati, gli eventi restano intangibili. L’identità è qualcosa di importante, che riguarda l’uomo, essa vale per se stessa, vale in sé, a prescindere dal luogo in cui è collocata”.

Qualcuno potrebbe chiedersi che cosa abbiano in comune il Messico e la Calabria? In verità, tante cose. Il Sud raccontato da Borgia è un sud imparentato con tutti i sud del mondo, un luogo più dello spirito che geografico. Tra quelle pagine la Calabria c’è, ma mai esibita in maniera sfacciata. La ritroviamo nei colori, nei sapori, nei profumi, nelle passioni, nelle feste, nei caratteri, nel modo di vivere della piccola comunità di Hierra, elementi che svelano l’anima merdionale dell’autore.

Così come ha affermato Crupi, lo scrittore ha mostrato che “il Sud può ancora essere raccontato secondo una nuova visione della letteratura”.

Anche Maffia ha insistito sull’importanza di questa pioneristica collana. Egli ha affermato: Stiamo vivendo un momentaccio della narrativa italiana, in cui domina il caos. La maggior parte del libri che si leggono sono senza costrutto, manca un messaggio, non solo quello morale, ma anche quello estetico. Non è vero che ciò che conta sia leggere, conta anche la qualità di ciò che si legge, perché certi libri formano, danno la possibilità di crescere e di crescere bene. La nascita di questa collana è un evento importante, perché essa prevede un progetto, quello di recuperare la letteratura calabrese, calabrese in quanto si svolge nel sud del mondo. Spesso e volentieri i calabresi hanno sofferto molto il fenomeno dell’ottundimento: noi siamo grandi e tutto ci è dovuto. C’è una frase di Corrado Alvaro che mi viene in mente. Egli ha scritto che bisogna raccogliere il maggior numero di memorie perché poi fermentino e diventino il futuro dell’uomo. Questa collana nasce con lo spirito di andare a raccogliere le memorie del passato e del presente per creare il futuro senza piagnistei. Prendiamo il passato bello. Prendiamo le cose belle e non soltanto quelle brutte. Per questo motivi, questa collana dovrebbe essere sorretta dalle autorità, per farla conoscere anche nelle scuole. C’è in essa un gesto di coraggio estremo che va incentivato”.

In fondo, recuperare il bello di noi non è altro che valorizzarci, mettendo in evidenza i lati positivi, mostrandoci agli altri sotto una nuova luce, non più quella grigia del vittimismo, né quella dell’ottundimento, di cui parla Maffia, che è propria di una bellezza che si crogiola su se stessa e che si compiace di sé, e che per questo resta vuota e lentamente si spegne. La nuova luce deriva necessariamente da una maggiore conoscenza di se stessi, dei propri punti di forza, da una riscoperta delle proprie radici e della propria civiltà. La costruzione di un futuro migliore non può prescindere da questo recupero delle memorie. E come questo libro e questa collana vogliono essere ponte tra i calabresi che sono rimasti e quelli che sono andati via, così il nostro passato costituisce ponte, struttura portante, verso il nostro futuro.