
Come liberarsi del proprio principe azzurro: quando i nostri sogni diventano le nostre prigioni
novembre 4, 2009di Noemi Azzurra Barbuto
A prima vista si tratta di una fiaba, composta da tutti quegli elementi che la caratterizzano: l’incipit tipico (“C’era una volta…”), la principessa, il principe, il re, la regina, l’incantesimo da sciogliere e buffi animali parlanti e saggi. Però, in realtà, “La principessa che credeva nelle favole”, di Marcia Grad, edito da PIEMMEBESTSELLER, altro non è che un percorso di crescita e di maturazione che il lettore compie, pagina dopo pagina, indipendentemente dalla sua età e dal suo sesso, verso la verità, che non sempre è bella, anzi, più spesso è dolorosa, ma che alla fine ci salva, ammesso che noi abbiamo il coraggio di cercarla e di guardarla.
E’ questo ciò che fa Victoria, una principessa che ha impegnato tutta la sua vita nel tentativo di essere perfetta, e tanto abituata a sentirsi ripetere fin da piccola di essere troppo timorosa, fragile e delicata, da essersene infine convinta, incapace di comprendere davvero il suo valore e di vedere i suoi successi, se non riflessi negli occhi dell’uomo che ama, il principe, che lei chiama Dottor Sorriso, il quale, però, ben presto si trasforma nel Signor Nascosto, un uomo malvagio che ferisce Victoria proprio nei suoi punti deboli, che la ignora e la umilia sempre più frequentemente, accusando lei di essere la causa di questa sua trasformazione.
E’ per questo che la principessa cerca, ancora una volta, di essere a tutti i costi perfetta, di non commettere mai errori, di assecondare in tutto il suo principe, affinché non diventi il Signor Nascosto, perfetta per meritare amore, senza rendersi conto ancora che nessuno deve cambiare o essere perfetto per essere amato.
Ma ogni suo tentativo si rivela inutile, cioè incapace di abbattere il sortilegio che è stato fatto al suo amato principe.
Con la sua amica immaginaria, Vicky, che rappresenta l’alter ego irrazionale e infantile della principessa, che quest’ultima ha rinchiuso per anni in un ripostiglio affinché lei stessa potesse diventare seria, diligente e perfetta, come l’avrebbero voluta i suoi genitori, Victoria intraprende un viaggio avventuroso verso il Tempio della Verità, nel quale è custodita la pergamena sacra, credendo che questa possa contenere l’antidoto che le consentirà di salvare il principe dal sortilegio di cui questi è vittima.
In realtà, ciò che la principessa scoprirà attraverso questo viaggio sarà qualcosa di molto più importante: se stessa, il suo potere, il suo valore, che non dipende dall’immagine riflessa negli occhi di chi ama.
Solo adesso Victoria può comprendere cosa sia veramente l’amore: non quel sogno perfetto che ha coltivato fin da bambina, né quello malato che le offre il suo principe, perché “l’amore fa star bene, in caso contrario si tratta di un sentimento ben diverso. […] Se soffri più spesso di quanto sei felice, vuol dire che non è amore, ma qualcosa di differente che ti tiene intrappolato in una sorta di prigione, e ti impedisce di vedere la porta verso la libertà, spalancata davanti a te”. L’amore vero è libertà, crescita, pace, comprensione, accettazione, sicurezza, rispetto, fiducia, incoraggiamento, esso “comporta la capacità di essere o meno d’accordo come amici e compagni, invece che come avversari e concorrenti, perché è un sentimento che non ha nulla a che spartire con i conflitti e la supremazia, […], fa in modo che la sua casa sia un castello, e non una prigione”.
Ma soprattutto la principessa comprende che una persona ama gli altri come ama se stessa, “con tenerezza e accettazione, o con intransigenza e rifiuto”.
Sì, è questo il male del principe, ciò che lo trasforma nel Signor Nascosto, non il sortilegio di una strega cattiva, bensì una malattia che ha radici nel profondo del suo essere e nella sua infanzia, e che soltanto lui può curare attraverso la medicina più potente: la verità. Il male del principe è la convinzione di non meritare amore, ecco perché tutto l’amore della principessa non gli basterà mai per guarire.
Ora la principessa sa che non può salvarlo, ma può salvare ancora se stessa, perché lungo il sentiero impervio della verità si deve camminare da soli.
Una fiaba questa per donne e per uomini, ricca di insegnamenti e sui generis, dal momento che non arriverà un principe su un cavallo bianco a salvare la principessa in pericolo, ma sarà lei stessa a tirarsi fuori dai guai, da sola, affidandosi semplicemente al suo coraggio e al suo cuore, che le suggerirà le strade da prendere, proprio perché non dobbiamo cercare negli altri le risposte che abbiamo già nel nostro cuore.
Victoria imparerà a stare a galla, poi a nuotare, a vincere le sue paure trasformandole in sfide, ad orientarsi, camminando da sola verso un futuro migliore che la attende, in cui sicuramente ci sarà un principe, ma che non diventerà la sua vita, perché lei amerà abbastanza se stessa da poter vivere felice e contenta con o senza di lui, un principe “perfetto nella sua imperfezione”, che non arriverà per salvarla, ma con il quale celebrare la loro stessa felicità.
La fiaba termina con la parola “inizio”, perché in ogni fine è insito un principio e il timore del nuovo e dell’incerto non deve mai tenerci incatenati a vecchie ma sicure abitudine che non costituiscono la nostra vera gioia.
Tentare nuovi percorsi è un rischio che ripaga sempre.
Rispondi